«Favero ha denigrato la sanità pubblica per attirare pazienti»

ODERZO. Faceva pubblicità occulta per attirare i pazienti nella struttura pubblica, pronto a dirottarli nelle sue cliniche private come documentato da un servizio del tiggì satirico “Striscia la Notizia” nel dicembre 2012 che fece scoppiare lo scandalo e innescò l’inchiesta della Procura di Padova. Con un doppio risultato: un grave danno economico alla sanità pubblica che fu pure denigrata. Ecco, in sintesi, il durissimo giudizio espresso dal giudice Cristina Cavaggion nei confronti del professor Gian Antonio Favero, contenuto nelle motivazioni della sentenza di condanna a 2 anni e 2 mesi (senza la condizionale) per abuso d’ufficio inflitta l’1 luglio con rito abbreviato all’ex direttore della Clinica universitaria odontoiatrica di Padova, originario di Oderzo. Scrive il gup: «Risulta provato che i pazienti arrivavano nella struttura pubblica perché sollecitati da una pubblicità “occulta” inserita in programmi televisivi di diffusione nazionale (Medicina 33) o in riviste (Sani e Belli) ove si parlava della Clinica odontoiatrica come di una struttura di eccellenza..., dove il professor Favero metteva in pratica l’implantologia con i sistemi innovativi... così permettendo il carico immediato... la possibilità di masticare da subito». E continua: «I pazienti... venivano solo sommariamente visitati... taluni non vengono nemmeno visitati». Favero spiegava che il “carico immediato” «era la cura migliore ma non si poteva fare nella struttura pubblica». E i prezzi? Nei suoi ambulatori “Cliniche Favero” a Padova, Treviso, Mogliano, Oderzo, Motta, Conegliano, Belluno, Cortina e Napoli «i prezzi erano concorrenziali... con risparmi del 30%, pagamenti rateizzati e possibilità di finanziamenti». Il conflitto di interessi è massimo. Secondo il giudice, Favero ne era consapevole tanto da mascherare la sua partecipazione nella società Clinica Favero srl (poi denominata Vicinatum) con una fiduciaria. Insiste il giudice: «... Favero, nell’esercizio della sua funzione di pubblico ufficiale,... abusa del suo ruolo assistenziale quale direttore della Clinica nonché dei suoi compiti di didattica e di ricerca...». Utilizza «il sistema pubblico per fini privati... per guadagnare un lauto stipendio, per formarsi giovani medici nella struttura pubblica da utilizzare in ambito privato, procurandosi pazienti...». C’è di più: «Tramite le sue segretarie e i suoi collaboratori (della Clinica pubblica) raccoglieva dati personali dei pazienti... dati “sensibili”... È evidente la violazione... di cui all’articolo 22 della legge sulla privacy...». E Favero che fa? «... Ne dà conoscenza a terzi (impiegati e medici dei suoi ambulatori) senza il consenso del paziente». Quanto al contestato reato di abuso d’ufficio, «risulta pacifico che avesse piena consapevolezza della sua condotta illegittima tanto da ricorrere all’espediente delle società fiduciarie; risulta altresì evidente l’intenzionalità di procurarsi vantaggi patrimoniali con danno ingiusto per l’Ateneo (che non si è costituito parte civile) e l’Azienda ospedaliera». Non solo: «Lesiva è la condotta di Favero per la Clinica odontoiatrica cui sottraeva pazienti... e nei cui riguardi gettava discredito. Ai pazienti continuava a rappresentare la struttura pubblica come un luogo dove le cure e le prestazioni erano inadeguate, vetuste, eccessivamente costose...». (cri. gen.)
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