Evasione nella Marca arrestato consulente degli imprenditori

L’arresto a Roma del commercialista Gian Luca Apolloni, in passato coinvolto nell’indagine “Panama Papers, fa tremare diversi imprenditori trevigiani che si erano rivolti a lui in quanto, secondo gli inquirenti, è l’ideatore di un complesso meccanismo per evadere soldi al fisco italiano. In particolare i finanzieri del Gruppo Milano hanno contestato ad alcune aziende trevigiane operanti nel settore del trasporto di merce, al momento un paio, un’evasione fiscale superiore al milione di euro ottenuta grazie all’indebita compensazione dei debiti verso l’erario con crediti inesistenti.
A consigliare le aziende della Marca (a conduzione italiana) sull’uso di questo sistema per abbattere le tasse sarebbe stato proprio il commercialista romano Gian Luca Apolloni, il cui nome era già finito nell’inchiesta sui Panama Papers, arrestato dai finanzieri in un hotel di lusso a Roma, che era diventato il suo quartier generale.
Contestualmente all’arresto, la magistratura ha disposto il sequestro di una Lamborghini Huracan e altre quattro auto, tutte di grossa cilindrata, 18 orologi di lusso marca Rolex, Patek Philippe e Audermas Piguet (valore superiore ai 400 mila euro), più di 100 conti correnti, 21 immobili e 10 terreni agricoli.
Secondo il settimanale l’Espresso, che per l’Italia aveva indagato il caso “Panama Papers”, in qualità di commercialista Apolloni aveva organizzato con Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco del sacco edilizio di Palermo, una frode fiscale da oltre 30 milioni di euro. In precedenza si erano occupati di lui anche i giudici di Ferrara e Bologna che l’avevano definito «profondo conoscitore dei sistemi di traghettamento di capitali e società verso Panama». Nelle carte di Mossack Fonseca il suo nome è associato a decine di società offshore e viene nominato rappresentante a Roma dello studio Mossack Fonseca.
Stando a quanto accertato nell’inchiesta milanese condotta dal sostituto procuratore Stefano Civardi, grazie ad Apolloni, le aziende fabbricano crediti non dovuti con un giro di false fatture o fatture per operazioni inesistenti e poi utilizzano i crediti per compensare il debito, cioè le tasse dovute allo Stato. Basta compilare un modello F24, utilizzare il codice 6702 e il gioco è fatto.
Alle società trevigiane viene contestato di aver usato questo sistema per abbattere le tasse negli anni fiscali 2015 e 2016, per un importo complessivo di oltre un milione di euro euro. I rappresentanti legali delle aziende sono stati indagati per indebita compensazione. Ma gli inquirenti sospettano che il sistema sia stato proposto a una ventina di società con sede a Napoli, Roma e Prato, per un’indebita compensazione di circa 40 milioni di euro.
Le accuse al centro dell’inchiesta della Procura di Milano sono bancarotta fraudolenta, indebita compensazione e autoriciclaggio, emerse dagli accertamenti in un’altra indagine che lo scorso mese di ottobre aveva portato a cinque misure cautelari per associazione a delinquere.
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