Estorsioni con foto hard, a Treviso finte escort a processo

TREVISO. Contattavano le loro vittime su un noto portale per incontri, le raggiravano facendogli credere di dialogare con un’avvenente escort napoletana e li convincevano a farsi inviare foto.
- MILLE EURO AL MESE D'AFFITTO. Un'escort e a destra il pm Sergio Dini
- MILLE EURO AL MESE D'AFFITTO. Un'escort e a destra il pm Sergio Dini

TREVISO. Contattavano le loro vittime su un noto portale per incontri, le raggiravano facendogli credere di stare dialogando con un’avvenente escort napoletana e li convincevano a farsi inviare foto in cui erano ritratti nudi. A quel punto scattava il ricatto: «Paga o saprà tutto tua moglie», «Manderemo le fotografie ai tuoi familiari e ai tuoi amici, vedrai che bella figura che ti faremo fare». A organizzare le estorsioni sarebbero stati secondo gli inquirenti un uomo e una donna di Capaccio, Vincenzo Mercede di 37 anni e Antonietta Lauri di 33, che sono finiti a processo con l’accusa di estorsione.

Dalle indagini condotte dagli inquirenti è quindi emerso uno spaccato inquietante delle insidie on line, in cui è facile cadere nella rete del ricatto. Gli episodi ricostruiti dall’inchiesta sono almeno due: uno ai danni di un sessantenne di Treviso, e per questo il processo è stato incardinato a Treviso, l’altro con protagonista un uomo di Crotone.

Ma secondo gli inquirenti sono molte di più le persone circuite tramite social e siti internet, che rimangono poi invischiate nel ricatto e si trovano a dover scegliere tra l’alternativa di pagare cifre che diventano sempre più alte e il rischio di una divulgazione di foto che possono compromettere reputazione e rapporti familiari.

Nelle denuncia del sessantenne di Treviso si parla di tre pagamenti per un totale di 3.300 euro in soli quindici giorni, dal 24 ottobre al 9 novembre del 2016. Quando le richieste sono continuate lui ha provato a chiedere pietà: «Ti supplico, mi stai rovinando». Ma l’interlocutore avrebbe continuato con le minacce estorsive e a quel punto non è rimasto che rivolgersi all’autorità giudiziaria. Nel corso delle indagini è emerso l’altro episodio in Calabria, e dagli identificativi dei computer si è arrivati a Capaccio e all’emissione delle misure cautelari.

Ma ieri il tribunale di Treviso ha accolto l’eccezione sulla competenza territoriale perché, secondo la giurisprudenza, il reato viene commesso nel luogo dove si trova il titolare della carta Poste Pay sulla quale vengono versati i soldi. E siccome nel caso specifico questo era in provincia di Salerno, il processo ora dovrà essere celebrato in tribunale a Salerno. Si tratta di uno dei primi casi in cui viene accolta un’eccezione di competenza territoriale in un processo che riguarda pagamento con moneta elettronica.

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