Disabile alla nascita, la perizia del tribunale di Treviso: «Nodo al cordone non rilevato»

Treviso.  Ad Andrea è mancato l’ossigeno mentre cresceva nell’utero della sua mamma: ha sofferto di una lunghissima e drammatica ipossia fetale che, secondo il tribunale, doveva essere riconosciuta

Un nodo al cordone ombelicale. Nessuna alterazione genetica, nessun danno durante il parto, nessun problema sorto dopo la nascita. Ad Andrea è mancato l’ossigeno mentre cresceva nell’utero della sua mamma: ha sofferto di una lunghissima e drammatica ipossia fetale che, secondo il tribunale, doveva essere riconosciuta. La conclusione cui è giunta la perizia del tribunale di Treviso (affidata al professor Massimo Montisci, medico legale dell’Università di Padova) è tanto semplice quanto agghiacciante. I tracciati cardiotocografici (che misurano il battito del cuore del feto e la contrattilità uterina) avevano registrato in più occasioni «sintomi non rassicuranti relativamente al benessere del feto». In alcuni momenti, scrive Montisci, questi «devono essere considerati addirittuta patologici».

Se il personale sanitario, alla luce di questi campanelli d’allarme, avesse eseguito un parto cesareo, Andrea non avrebbe patito la sofferenza fetale che ha causato la sua gravissima disabilità. Di fronte a quegli esami sballati, secondo la perizia, sarebbe stato sufficiente svolgere un approfondimento diagnostico, un esame semplice: un doppler, che avrebbe fornito informazioni determinanti sulla circolazione sanguigna fetale, «perché i parametri rilevati non potevano escludere alterazioni a carico del cordone ombelicale».



Quel nodo, che si è formato nell’utero della mamma di Andrea, secondo Montisci, non solo poteva, ma doveva essere riconosciuto alla luce dei tracciati rilevati in gravidanza. La donna infatti, poco prima del parto, era stata ricoverata in ospedale: era stata sottoposta a esami, controlli. La perizia, scrive il giudice della prima sezione civile del tribunale di Treviso Daniela Ronzani, «ha acclarato una responsabilità professionale dei sanitari» che ebbero in cura la madre di Andrea durante il suo ricovero, avvenuto meno di un mese prima del parto. Andrea poteva essere salvato da un cesareo. «In definitiva», scrive il giudice, «la sofferenza ipossica fetale provocata dalla presenza di un nodo del funicolo o cordone ombelicale, poi riscontrato al momento del parto, avvenuta in epoca prenatale, con esclusione di cause post-natali , pre-natali o intrapartum, rilevabile tramite una corretta valutazione delle alterazioni dei tracciati cardiotocografici, è stata la causa del danno encefalico irreversibile alla base della paralisi cerebrale di cui è affetto il piccolo Andrea». Quel nodo, secondo il giudice Ronzani, doveva essere rilevato alla luce dei tracciati eseguiti.

La carenza di ossigeno ha provocato danni devastanti. La perizia di Montisci descrive gli effetti dell’ipossia fetale: «Encefalopatia, inquadrabile nella cosiddetta paralisi cerebrale, con un quadro clinico caratterizzato da grave deficit e ritardo mentale». Dalla nascita Andrea è affetto da tetraparesi spastica, non riesce a camminare; non parla, non comunica, accenna solo qualche vocalizzazione: «In sintesi il grave deficit psico-motorio da cui è affetto lo rende incapace di svolgere, in autonomia, ogni atto della vita quotidiana e necessità di assistenza continua». Un calvario, per lui e la sua famiglia, che, secondo il tribunale, si poteva evitare.




 

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