Decapitata nel 1903 e sepolta Si riapre il giallo della contessa

Dicerie popolari, insistenti ma mai verificate, raccontavano del corpo decapitato della terribile contessa Zenobia Teodolinda d’Onigo, sepolto con il suo cavallo in tutta fretta sotto il tempietto fatto costruire dalla nobildonna stessa al limitare del bosco nel brolo retrostante villa Onigo. Nelle intenzioni di Teodolinda avrebbe dovuto accogliere le spoglie del padre Guglielmo. Nel 1903, secondo la voce popolare, vi sarebbe invece stata sepolta la stessa contessa, uccisa per mano di un suo dipendente. Pietro Bianchet la decapitò nel parco del suo palazzo di Treviso, dove Teodolinda stava passeggiando in compagnia del suo amministratore.
La contessa si era soffermata a rimproverare il lavorante perché non faceva le cose per bene, come lei aveva ordinato. Si avvertì uno strano sibilo, seguito dal rumore di qualcosa che cadeva a terra, un tonfo sordo: era la testa di Teodolinda, conosciuta per la sua sordida avarizia, tagliata con un colpo netto d’ascia. Bianchet venne processato e condannato a 8 anni e 9 mesi di prigione. La contessa sepolta, si raccontava, nel famoso tempietto di villa Onigo.
Non una lapide, non una scritta a testimoniare che il racconto popolare non era una diceria ma la verità.
È stato il restauro del tempietto, disposto dalle Opere Pie di Onigo, a restituire alla storia la tomba della contessa Teodolinda e dei suoi genitori Caterina e Guglielmo Onigo, morto a Milano nel 1866. «Non era del tutto certo che il tempietto fosse la tomba degli Onigo», riporta l’architetto Fiorenzo Bernardi, incaricato la scorsa primavera dalle Opere Pie d’Onigo a procedere con l’intervento di restauro, «Si poteva ipotizzare che avesse uno scopo meramente commemorativo». E invece la sorpresa, rimuovendo alcune pietre del pavimento. «Levata la croce di pietre e levato il cumulo di rocce che la sosteneva, rimossa la pietra monolitica centrale, il sigillo tombale, venne alla luce il vano sepolcrale ipogeo», riferisce la scoperta l’architetto. Ed ecco apparire i due sarcofagi con sigillo in pietra di Teodolinda e di sua madre Caterina e, sotto, la sepoltura del conte Gugliemo. «È stata una scoperta emozionante e inaspettata, non si pensava che il monumento fosse anche la tomba di Guglielmo, Caterina e Teodolinda d'Onigo», riferisce Albino Bistacco, presidente delle Opere Pie di Pederobba, «avevamo dato disposizioni per restaurare il monumento dedicato ai conti d'Onigo che c'è all'ingresso della sede dell’ente. Nel corso dei lavori di restauro è venuta fuori questa lapide in marmo sul terreno.
Una volta sollevata la lapide, è venuta alla luce una specie di piccola catacomba dove c'erano due sarcofaghi e dentro le bare con tre corpi, ritenuti quelli di Guglielmo, Caterina e Teodolinda d'Onigo. E una delle tre salme aveva la testa mozzata. Nessuno immaginava che quei tre corpi fossero sepolti lì. Si pensava che la salma di Guglielmo fosse sepolta altrove. Sono stati interessati gli studiosi e poi la tomba è stata rinchiusa. Le salme resteranno sempre lì, sotto il monumento dedicato ai conti d'Onigo». Da quella scoperta riemerge il dramma dell'assassinio di Teodolinda d'Onigo, figlia illegittima di Gugliemo d'Onigo e di Caterina Jaquillard Onigo, uccisa l’11 marzo 1903 da Pietro Bianchet. Con lei si estinse la casata. Il monumento restaurato verrà inaugurato il 28 giugno prossimo, ma dopo la scoperta delle tre salme assume tutto un altro sapore. Alla cerimonia parteciperà anche il pastore della chiesa valdese: Caterina Jaquillard, svizzera di origine, era di fede valdese.
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