De Kunkler, la Svizzera mette la parola fine

Il cugino Carlo Federico Bianchi è il legittimo erede del barone morto nel 2000: gli spettano beni per 120 milioni di euro

MOGLIANO

Un’eredità contesa, un testamento scomparso, lettere anonime, inchieste, ricorsi, colpi di scena: all’ombra di villa Bianchi a Mogliano, negli ultimi vent’anni, si è dipanato un vero e proprio legal thriller. L’ultimo capitolo di questa incredibile vicenda, che potrebbe rivaleggiare ad armi pari con i romanzi di Agatha Christie o John Grisham, è stato scritto da un tribunale svizzero a inizio gennaio. Anche i giudici del cantone di San Gallo, con una sentenza ormai definitiva emessa il 23 gennaio scorso, confermano ciò che in Italia è ormai pacifico da almeno una decina d’anni: il legittimo erede del barone Pieradolfo De Kunkler, deceduto il 21 aprile del 2000 in ospedale a Treviso, è il suo cugino di sesto grado Carlo Federico Bianchi. «Ed era risaputo, ma ci sono voluti vent’anni per ottenere giustizia», commenta il diretto interessato, ripercorrendo la vicenda di fronte alla stampa assieme al legale di fiducia, l’avvocato trevigiano Andrea Mirabile.

Si parla di un’eredità dal valore milionario, che anche i protagonisti preferiscono non quantificare, ma che comprende la settecentesca villa Bianchi, un’azienda agricola con 400 ettari di terreni e alcuni appartamenti a Padova e a Roma. Per la prima si parla di un valore storico attorno ai 3 milioni di euro (ceduta nel 2014 e oggi di nuovo in vendita), mentre la tenuta vitivinicola (che negli anni ’00 avviò la produzione dell’etichetta dei vini Duca di Casalanza) è stimata attorno ai 12 milioni di euro. Dal conto mancano i terreni di storica proprietà del barone (nel Trevigiano ma anche in Canada) e una residenza nel Comune di Este: c’è chi arriva a stimare tale patrimonio in 120 milioni.

Se fin dagli ultimi anni di vita del barone una simile eredità faceva già gola a molti, post mortem fu oggetto di inchieste, processi, veleni. «Già nel 2000 una segnalazione anonima», racconta l’avvocato Mirabile, «diede avvio ad un’indagine della Procura di Treviso per circonvenzione d’incapace, che durò un anno. Si sobillò l’idea che al momento di redigere il testamento il barone non fosse in grado di intendere e volere. Poi nel 2006 spuntò fuori un ulteriore documento nel quale l’infermiere personale del barone riferisce di aver ricevuto pressioni per ucciderlo. In questa vicenda ci sono particolari anche di colore: come la storia dell’investigatore privato che si nasconde dietro alle tende nella stanza di ospedale».

Il colpo di scena però arriva negli ultimi anni, quando spuntano documenti fino ad allora sconosciuti e la vertenza riparte in Svizzera nel 2014. Un noto imprenditore moglianese, Luciano Tonietti, storico titolare dei locali Rosa e Baffo, afferma di essere figlio di Pieradolfo De Kunkler, chiede il sequestro del testamento e l'annullamento di tutti gli atti, reclamando per sè l’eredita e sostenendo che debba essere lo stato elvetico a pronunciarsi. Le mosse di Tonietti risalgono a qualche anno prima: nel 2011 viene infatti riconosciuto figlio del barone in Svizzera («Sentenza annullata dal Tribunale Ddstrettuale di San Gallo con sentenza del 16 dicembre 2016 passata in giudicato», precisa Mirabile). Grazie anche alla consulenza dell’avvocato Marco De Cristofaro dello studio Pestalozzi di Zurigo, le stesse ragioni già dimostrate nei tribunali italiani ora sono state accolte anche nel Paese natale di Pieradolfo De Kunkler. —

matteo marcon

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