D’Alpaos: «La situazione è gravissima. Senza interventi, rischi altissimi»

Parla l'ingegnere idraulico docente universitario a Padova Luigi D'Alpaos.
Il professor Luigi D'Alpaos
Il professor Luigi D'Alpaos

Nel 1997 lavorò per ricostruire, con un modello matematico che potesse evidenziare la possibile propagazione di una piena del Piave simile a quella del ’66 da Nervesa della Battaglia in giù. Più di dieci anni dopo è stato chiamato ad esprimersi nuovamente sul tema. Luigi D’Alpaos, l’ha fatto. Luminare dell’ingegneria idraulica è tornato a guardare il Piave, ma oggi chiede che dalle parole si passi ai fatti.

D’Alpaos, una delibera del 2016 per risolvere un problema che esiste da 1966. Non le pare troppo?

«È pazzesco che in cinquant’anni non si sia ancora fatto nulla, che nessuno abbia deciso di intervenire per mettere mano alla sicurezza idraulica del Piave».

Lei come considera la situazione del fiume?

«Sul Piave incombe una condizione di gravità assoluta, e non temo a dirlo e a ripeterlo. Chi fino ad oggi ha fatto finta di non vedere o ha sminuito è un ignorante, anzi peggio».

Perchè anche gli studi, perfino i suoi, prendono in considerazione l’evento del 1966. ma non piene più recenti.

«L’evento del 1966 non è stato casuale, e non può essere ignorato solo affidandosi alla sua distanza nel tempo. Anche perchè in questi anni, oltre a non essere stato fatto nulla per mitigare i possibili rischi di una nuova piena del fiume, si è fatto di più: si è costruito, creando un’antropizzazione che oggi rende il Piave ancor più pericoloso».

Il progetto per fermare il Piave vale 60 milioni
Il Piave

Dieci anni per arrivare all’approvazione di un piano di rischio, e prima quarant’anni di studi, commissioni, progetti. Il Piave era una sfida difficile o una grana per la politica?

«Ci possono essere tantissime idee diverse. Una società che non prevedesse questo sarebbe assurda, ma le idee vanno confrontate sulla base di numeri. Io li do, e non ho paura di farlo, ad altri il compito di intervenire. Chi non l’ha fatto ha rischiato, è stato miope, egoista, più attento ad altri interessi forse che non a quelli della popolazione. Oggi bisogna fare qualcosa».

La sua idea di realizzare una diga a Falzè rischia di riaprire un dibattito annosissimo.

«È un piano diverso, meno impattante per la popolazione e meno oneroso dal punto di vista degli interventi, un bacino più basso: metà dei metri cubi previsti nel primo progetto fatto anni or sono».

E sulle casse di espansione a nord e sud di Falzè?

«Opere che creano un sistema dinamico, al Piave non basta un singolo intervento, servono più opere in collegamento sistematico tra loro». (f.d.w.)

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