Dalla Liventina alla rinascita di Djokovic: Badio, è di Motta il fisioterapista che cura il campione

È partito come fisioterapista dei dilettanti della LiventinaGorghense, è cresciuto professionalmente all’ospedale riabilitativo di alta specializzazione di Motta di Livenza

MOTTA DI LIVENZAÈ partito come fisioterapista dei dilettanti della LiventinaGorghense, è cresciuto professionalmente all’ospedale riabilitativo di alta specializzazione di Motta di Livenza, ora è il fisioterapista personale di Novak Djokovic: segue il campione serbo in tutto il suo giro del mondo con la racchetta ed è l’artefice della sua rinascita dopo un infortunio alla spalla che nel 2017 lo aveva fatto affondare nelle classifiche Atp. Lui è Ulises Badio, quarantenne di origini argentine, trapiantato nella Marca dove ha lavorato tra Motta e Treviso dal 2011 allo scorso anno.

Lì è arrivata la classica offerta che non si può rifiutare: diventare il fisioterapista di fiducia di “Nole” Djokovic, ora uomo copertina perché è il primo tennista ad aver conquistato il “Career golden masters”, ovvero ad aver vinto – oltre ai quattro i tornei dello Slam, ovvero Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e US Open – anche tutti i nove tornei Master 1000. Gli mancava solo Cincinnati, ha alzato quella coppa al cielo la scorsa settimana. Non ci sono riusciti nemmeno Roger Federer e Rafa Nadal, per dire. E dietro la rinascita del campione serbo ci sono le mani del fisioterapista di Motta di Livenza.

L’uomo giusto al posto giusto, non c’è che dire. Nato a Santa Fe, laureato a Cordoba, specializzatosi tra Usa, Valencia e Roma, dal 2011 al 2017 – come detto – Badio ha lavorato fra Treviso e Motta di Livenza. Qui è entrato in contatto col dottor Giovanni Di Giacomo, responsabile del servizio medico degli Internazionali d’Italia. È lui che l’ha fatto entrare nel team di fisioterapisti del torno romano nel 2014, e lo scorso anno è proprio tra un match e l’altro nella capitale che Badio ha conosciuto Djokovic, che aveva mollato i vecchi collaboratori da pochissimi giorni. Il fisioterapista trevigiano d’adozione deve avergli fatto un’ottima impressione, è scattato il colpo di fulmine professionale e Nole gli ha fatto la proposta irrinunciabile: seguimi.

E così è stato. Nelle settimane in cui non gli fa da ombra nei tornei in giro per il mondo, Ulises ora si divide fra Monte Carlo e Belgrado, “basi” di Novak, e si occupa di programmare tutti gli esercizi di riabilitazione del campione. Non solo: tocca a lui anche la preparazione delle bevande energetiche, compito non di certo secondario a questi livelli. Basta leggere Open di Andre Agassi per farsene un’idea.

Badio, contattato, dice che non può parlare di Djokovic: alla base del rapporto di fiducia c’è anche la riservatezza. «Qual è la mia virtù? Lavoro in silenzio», ha raccontato qualche tempo fa in una chiacchierata col quotidiano argentino La Nacion. Badio ha anche una visione del mondo molto filosofica. «I pazienti mi affidano il loro corpo, e io devo fare il possibile per farli star bene», ha raccontato, «Con Novak va così: se sta bene lui sto bene anche io. Ho una filosofia di vita simile a quella orientale. Devo trovare delle soluzioni, con l’esercizio o con lunghe chiacchierate. Un paziente normale dopo una sessione di fisioterapia rientra a casa con la propria famiglia, e continua a lavorare come se nulla fosse. Ma in questo caso si tratta di uno sportivo professionista d’elite. Ogni minuto vale oro, non c’era tempo da perdere. È stata una grande sfida, ma sapevo di essere preparato». 

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