Da Celeste all'Antico Pallone, i ristoratori di Treviso dicono no ai buoni pasto

Tra chi protesta contro i buoni pasto c’è anche un volto simbolo della ristorazione di Marca: Celeste Tonon, notissimo e rinomato ristoratore

TREVISO. Tra gli apripista dell’ala più dura delle protesta contro i buoni pasto c’è anche un volto simbolo della ristorazione di Marca: Celeste Tonon, notissimo e rinomato ristoratore. «Adesso basta», ha detto ieri, «non si può più andare avanti così. La protesta è sacrosanta. Non accetto più buoni pasto finché la situazione non cambierà».

E dal centro di Treviso gli fa eco un’altra figura storica tra le osterie trevigiane: Orlando Milani dell’Antico Pallone: «Tra scontrini elettronici e buoni pasto ormai stanno ammazzando una categoria» si sfoga l’oste, che già tempo fa aveva deciso di chiudere la porta a determinati tipi di buoni pasto (non tutti) proprio per le lungaggini burocratiche e le trattenute.

«È scorretto che venga applicata una simile trattenuta sul prezzo dei buoni, ed è inammissibile che vengano pagati con dilazione. Alla fine chi ci rimette è solo il ristoratore. E perché? Nessuno lo sa. Inaccettabile».

Anche Milani è per la linea dura, ma prima di stoppare ogni buono, attende l’esito della protesta confidando «che la situazioni cambi quanto prima. Altrimenti chi ce lo fa fare? Gestire i buoni con la nuova magagna della contabilità elettronica poi è diventato un altro bel problema».

Niente buoni pasto già da Cheli’s pizza, il piccolo locale dedicato alla pizza al taglio in via Collalto. Lì un cartello già avverte tutti che non sono accettati ticket di nessun genere.

Tra le vie del centro non erano molti i locali che avevano deciso da tempo di non accettare buoni e preferire il pagamento in contanti. Altri si erano attrezzati, soprattutto con la diffusione dei buoni elettronici, ma sempre lamentando l’aggravio di confusione e la difficoltà di «gestire le varie macchinette per leggere le carte ricaricabili» sottolineavano anche da una nota osteria del centro, «non potevano fornirne una che li leggesse tutti?».

Agennaio dell’anno scorso in città come altrove era scoppiato il caso di QuiGroup i cui buoni pasto non erano stati saldati a moltissimi esercenti a seguito del fallimento dell’azienda facendo calcolare una perdita di circa 100 mila euro nella sola Marca trevigiana, e il contestuale rifiuto dei “Qui ticket”. 

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