Conegliano: I fanatici islamici a Corbanese «Presto ti taglieremo la gola»

L’ex presidente dell’Ascom di Conegliano “reo” di aver criticato la politica omofoba del Gambia Sui social minacce di morte al suo indirizzo. Lui: «Molti gay discriminati mi scrivono, non mi arrendo»

CONEGLIANO. Agli occhi degli estremisti islamici, il suo è un (doppio) peccato mortale: essersi dichiarato gay e aver condannato, in una lettera, gli atteggiamenti discriminatori del presidente del Gambia, Yahya Jammeh, nei confronti delle persone omosessuali. Giovanni Corbanese, 58 anni, originario di Pieve di Soligo ed ex presidente di Ascom Conegliano, con una lettera aperta al presidente gambiano (che ai gay, ha dichiarato, «taglierebbe la testa») si è tirato addosso l’ira e la violenza di decine di connazionali di Jammeh, che hanno rovesciato sulla pagina Facebook del trevigiano insulti e minacce di morte. Lui, Corbanese, ha cercato di rispondere a tutti con garbo e cortesia: «Ho anche tanti amici “virtuali” di quel Paese che mi scrivono in privato, e mi chiedono aiuto. Se lo facessero pubblicamente, in Gambia rischierebbero la galera o qualcosa di peggio». Tutto era partito con la pubblicazione del libro di Corbanese: ”Stato civile: libero”, un lungo racconto autobiografico sulla propria omosessualità prima repressa e poi, finalmente, vissuta alla luce del sole.

Libro che, per provocazione, Corbanese avrebbe inviato volentieri al presidente gambiano, al quale era rivolta la lettera pubblicata sui profili social dello scrittore: «Non posso accettare e non posso comprendere come per questi fratelli omosessuali del Gambia la propria patria e la propria casa non siano considerate luoghi di vita, civiltà e protezione. Al contrario tutto ciò si trasforma in un luogo di prigionia e carneficina, dove la libertà di esprimere se stessi non è autorizzata». La rete ha fatto il resto, divulgando il messaggio anche nel Paese africano governato da Yahya Jammeh. E a questo punto, sulla pagina Facebook di Corbanese è piovuto ogni genere di nefandezza, da parte dei locali di fede islamica: «Sei il diavolo», «Ti taglieremo la gola: è una promessa», «In Gambia non c’è posto per Satana», «Che la maledizione di Allah ti colpisca per aver parlato di omosessualità».

I più educati si sono limitati a esprimere il loro pieno appoggio alla politica di Jammeh, altri non hanno usato giri di parole: «Andrai all’inferno con le tue idee: qui non c’è posto per loro», «Dio punirà chi compie certi atti diabolici». Decine, forse centinaia di commenti intimidatori sono piovuti sul social network: «Molti mi minacciano di morte, è chiaro che in Gambia non ci metterò mai piede» racconta Corbanese «non ho denunciato il fatto alle autorità perché credo sia impossibile andare alla ricerca di questi soggetti che abitano così lontano, ma voglio soffermarmi anche sui tanti che mi hanno scritto privatamente. Sono per la maggior parte storie tristi, di persone che hanno molta paura, ed è per loro che continuo il mio lavoro ogni giorno». Anche se, in casi come questo, un po’ di paura viene anche a lui: «Qualche reazione contraria l’avevo messa in conto, magari non in queste proporzioni. I Paesi in cui i gay sono discriminati sono tanti, in Russia è vietato anche solo esporre una bandiera arcobaleno, e non a caso negli ultimi tempi ho iniziato ad avere richieste di contatto anche da lì». In Gambia i gay rischiano la morte, in Italia la situazione per fortuna è ben diversa, però anche qui, racconta Corbanese, la strada da percorrere è lunga: «Tante cose, ogni giorno, continuano a non andare per il verso giusto, e le persone omosessuali nella loro vita sono condizionate dai preconcetti». Proprio sabato scorso, a Conegliano, è stata celebrata la prima unione civile tra due donne.

Argomenti:diritti civili

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