Chiude l’ultimo artigiano di via Dotti. Zaia: preoccupato

Alberto Ciocca costruiva paralumi da 54 anni. Ha spento il 31 dicembre tutte le luci dei suoi paralumi, così come ha fatto ogni sera nella sua bottega per ben 54 anni. Treviso perde un pezzo di storia. Zaia: "Non perdiamo di vista il sapere artigiano"
Agostini Treviso Ciocca Alberto paralumi chiude in via Roggia
Agostini Treviso Ciocca Alberto paralumi chiude in via Roggia

Ha spento il 31 dicembre tutte le luci dei suoi paralumi, così come ha fatto ogni sera nella sua bottega per ben 54 anni. Da oggi però non le riaccenderà più. Alberto Ciocca, l’ultimo maestro artigiano rimasto in via Dotti, ha scelto l’ultimo giorno dell’anno per chiudere per sempre le serrande del suo laboratorio artigianale. Lì per più di un cinquantennio ha creato lampade e paralumi, regalando nuova luce a oggetti d’arte messi all’angolo dal tempo che passa. Aveva aperto la prima volta la porta della bottega il primo giorno di aprile del 1959.

La notizia ha scosso anche i piani alti della Regione Veneto.  Stamattina il presidente della Regione  Luca Zaia, letta la storia pubblicata dal nostro quotidiano, ha lanciato un appello: "Dobbiamo tutti fare di più per salvare i nostri antichi mestieri e saperi. Nessuno ha intenzione di frenare o limitare lo sviluppo delle imprese e dei nostri sistemi industriali, soprattutto in un momento in cui tutti gli sforzi sono tesi ad agguantare la ripresa e, come suol dirsi, a tenere aperte le serrande – continua Zaia – ma lo sviluppo deve avvenire in un contesto di sostenibilità e di trasmissione dei saperi e delle identità. Ciò che ha imposto le nostre imprese sui mercati internazionali è infatti quel mix di sapere artigiano inserito in un contesto industriale che ha reso il madre in Veneto irresistibile” Attenzione quindi a non cancellare tradizioni, storia, cultura artigiana".

Ciocca era uno dei volti simbolo di una Treviso che, purtroppo, sta scemando. La stessa via Dotti è un simbolo di questa trasformazione apparentemente inarrestabile. A due passi da piazza Trentin, all’epoca era una fucina di arti e mestieri. Ricordi d’altri tempi: «Qui in via Dotti c’erano ben 18 botteghe di artigiani: falegnami, restauratori, muratori», racconta Alberto, 78 anni compiuti e l’arte ancora giovane tra le mani. La decisione di abbassare per sempre le serrande vede certo la complicità della crisi, ma per il maestro artigiano rimane prima di tutto una scelta di vita.

E ci scherza pure su: «Se prendo in mano la mia carta d’identità vedo che sono nato nel 1935. Prima di morire in bottega vorrei riuscire a vivere con meno impegni e avere più tempo per me». Poi con l’amaro in bocca aggiunge: «Oggi non è più sufficiente saper lavorare. Il lavoro prima di tutto bisogna averlo». Il lavoro quotidiano, certo. Quello con il quale mastro Alberto per oltre 50 anni ha dato corpo e anima alla luce, trasformando oggetti antichi in paralumi. Un mestiere imparato fin da ragazzo quando iniziò come apprendista da un artigiano, allora di casa in borgo Cavour, la bottega dei Pierobon. Poi l’approdo in via Dotti dove la sua maestria ha preso il largo. Oggetti d’arte messi all’angolo come relitti sono stati rimessi a nuovo tra le sue mani. «Ogni pezzo è una vita a sé», confida. La sua bottega è piena di ricordi. Come quel supporto del ‘400 che tiene ben stretto tra le mani prima di vestirlo con un nuovo paralume. O quell’altro capitello dorato pronto a trasformarsi in lampada. E poi le stoffe preziose. Infine la vecchia macchina da cucire e il telaio da lavoro: «E’ l’antico che sparisce», chiosa.

Negli anni ’60 con un solo ordine per conto di un mobilificio trevigiano di paralumi aveva riempito un camion. Negli anni ‘70/’80 per molte famiglie trevigiane l’arte comincia a non essere più un lusso: «Si risparmiava per riuscire a comprarsi almeno qualche oggetto prezioso», confida il maestro artigiano. Tra coloro che invece non lesinano sulla bellezza,

Alberto ha acceso i paralumi nel tabià a Cortina di Luciano Benetton. E appena fuori le mura pure nella villa di Massimo Zanetti. Per non parlare delle lampade della villa della famiglia Coin ad Asolo. E ancora di un lampadario restaurato a casa Furstenberg a Mira. Saluta la sua bottega, mastro Alberto: «Stiamo perdendo l’arte per strada. E l’utilità ha preso il sopravvento sulla bellezza».

 

 

 

 

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