C’era una volta il campo da calcio

Treviso. Vuoti, sottoutilizzati o al centro di piani di edificazione Gli spazi sportivi decentrati non se la passano molto bene
Il campetto di San Giuseppe
Il campetto di San Giuseppe

TREVISO. Tiene banco lo stadio Tenni, ancora senza un futuro pur essendo un tempio dello sport carico di storia e con novemila posti teorici. Non è passato molto tempo da quando un ex assessore proponeva senza mezzi termini di abbatterlo per farne un complesso residenziale e di servizi a ridosso di Put e centro storico. Segni dei tempi, e di un calcio che almeno a Treviso non riesce a riconquistare posizioni adeguate (la serie A è stata forse deleteria, a riguardare ora quella promozione a tavolino per Calciopoli, 10 anni fa). Ma lo stadio cittadino è solo la punta dell’iceberg di una situazione più generale, in città, che riguarda i campi da calcio: ce ne sono molti, moltissimi. Pubblici, privati e parrocchiali. Una trentina: alcuni nuovi, ben tenuti e certamente con tutti i crismi. Ma il rovescio della medaglia è che troppi sono in stato di abbandono (non solo l’Eolo), altri sottoutilizzati, o poco mantenuti, perché magari inadatti, e lasciamo stare il doloroso capitolo costi. E questo però a fronte di un vivace movimento calcistico di base, al boom di amatori e calcetto, all’oggettiva presenza di spazi e servizi da sfruttare. Oddio, tutti vorrebbero ora il (costosissimo) sintetico, ma fa impressione vedere vecchi templi del calcio minore assolutamente inutilizzati.

È sufficiente un piccolo giro nei quartieri di periferia, non sempre vicino alla chiese, per prendere consapevolezza di un piccolo mondo antico scomparso ma che può ancora essere utilizzato. Proprio impossibile recuperare questi impianti un tempo carichi di voci e storie? Mari come parchi gioco per bambini o semplicemente come aree verdi pubbliche? E perché non potrebbero venire usati da altri sport, dal rugby al cricket? Certo, magari i proprietari di cani invocano aree per la sgambatura, e infatti c’è chi sfrutta i buchi nella rete per portarci il suo quattrozampe. Ma è paradossale che ci si lamenti che si fa poco sport, o che ci siano pochi impianti, quando l’offerta a Treviso è invece molto alta, almeno per i campi da calcio. In tutte le sue versioni, a 5 e a 7, a 11.

Quelli che non... Il caso più clamoroso resta l’Eolo, abbandonato da quasi 20 anni. O il campetto sotto il cavalcavia di San Giuseppe da 2 anni e mezzo. Poi una lunga lista di campi parrocchiali, che hanno seguito il declino delle rispettive squadre, come quello di Selvana . E ancora, Fiera, per non andare distanti. A nord, ci sono San Pelajo, San Paolo, San Liberale, e Santa Maria del Rovere: quasi un ventaglio.

Quelli che poco.Altrettanto ricco il capitolo di quelli decisamente sottoutilizzati. Due casi fanno scalpore: le comunali Acquette e l’Aurora. Quest’ultima ha conosciuto altri fasti, in passato. Ma anche Sant’Antonino e San Lazzaro (senza illuminazione) potrebbero certamente essere più usati. Né sono a pieno regime i parrocchiali di Santa Maria del Sile, San Giuseppe, Immacolata.

Regia e visione.E poi succede che squadre giovanili della città utilizzino campi della confinante Carbonera, squadre del comprensorio approdino nel capoluogo per allenarsi (il Ponzano a San Pelajo). Nessuna voglia di steccati, men che meno nello sport, ma c’è chi invoca una regia più ampia per una grande opera di razionalizzazione, per non disperdere un piccolo patrimomio verde, di sport, di memoria. E soprattutto per valorizzare, utilizzare appieno risorse già esistenti. Magari con un tavolo che metta insieme tutti gli interlocutori: Comune, società, parrocchie, Figc, enti di promozione, comitati, amatori, sponsor.

Il rischio speculazione.Prima che la speculazione edilizia metta gli occhi su queste oasi verdi in mezzo ai palazzoni, in zone magari pregiate fuori porta. Quel che è in progetto, per dirne una, per il vecchio campo della parrocchia di Monigo, in via Sant’Elena Imperatrice. O dove c’è lo spettro, come per la cittadella dell’Aurora. Alzi la mano, chi in uno di questi campetti di quartiere, non ha giocato da bambino o ragazzo. Se non nella squadre dell’oratorio, nei mitici tornei estivi.

Quelli che fanno boom. Dall’altro lato della barricata – si fa per dire: meglio delle recinzioni dei campi – ecco la folta pattuglia degli impianti che tirano, che fanno la parte del leone nell’attuale panorama. Nuove culle dei vivai, o più antiche istituzioni del mondo amatoriale. Parliamo del nuovo impianto di Monigo, utilizzato dall’Indomita e dagli amatori Santa Bona; dal campo di Sant’Angelo di via Tandura, tempio del Condor. Del nuovo impianto di San Bartolomeo, del Gescal e dell’adiacente Ferrovieri di di via Zanella, che sarà utilizzato anche nella prossima adunata degli alpini 2017 come base dei paracadutisti. Senza dimenticare i campetti di Ospedalieri e Ferrovieri, e quelli delle caserme, e quelli del carcere di Santa Bona.

Società, le superstiti.In attesa che l’Fc Treviso - in Eccellenza - trovi anche’essa un futuro, il capoluogo vede solo quattro società attive: il Condor Sant’Angelo (l’unica con una squadra senior, in seconda categoria) poi Indomita-Santa Bona, l’ Academy e l’Fbc Treviso, queste ultime che si limitano alle giovanili. Poi ci sono le squadre amatoriali, espresse da nove società (Fs, Canizzano, Sant’Angelo, Immacolata, Santa Bona, don Bosco, Elderly, Fiamme e Sile, Treviso 2014, qualcuna ne schiera più di una). Quasi incredibile, questo semi deserto: negli ultimi trent’anni siano sparite di fatto tutte le squadre di quartiere, legate alle parrocchie, con il vivaio e la squadra senior. Erano una dozzina, accendevano memorabili derby: altri tempi.

 

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