Centrodestra unito ma separato in piazza Lega: Veneto libero. Fdi: l’inno di Mameli

In 150 al flashmob, slogan comuni contro il governo. Manca Fi. L’anomalo 2 giugno della Marca: dai venetisti siluri a Salvini
prandi agenzia foto film treviso flash mob piazza signori contro governo
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Separati in piazzetta Aldo Moro. Quelli con la mascherina tricolore e bandiera bianche rosse e verdi – Fratelli d’Italia – cantano l’inno di Mameli. A fianco, quelli con la mascherina marciana, le bandiere con il leon, la Lega, gradiscono poco. E gridano «Veneto? Libaro», e «Autonomia subito», mentre in un sussurro un big butta lì un «Padania libera», che non piacerebbe, c’è da scommetterci, nemmeno a Matteo Salvini.

Potenza del nuovo centrodestra e della sfida di Salvini, nel giorno della Festa della Repubblica. In piazza 150 fra big e militanti. Ma il flashmob unitario di Treviso in salsa veneta ribadisce Dna e ideali differenti, e agende poco sintonizzate al di là dell’opposizione al governo. Trapela persino qualche insofferenza reciproca tra alleati, ben poco celata. A ben vedere, è stato un 2 giugno proprio anomalo, quello nella Marca trevigiana. In secondo piano la cerimonia ufficiale con le autorità, mentre da Santa Lucia arrivavano gli schiaffi venetisti a Salvini e Zaia. E l’Anpi intanto disobbediva, presenziando in piazza Vittoria pur non invitata, contestando «i due pesi e le due misure», e riservandosi un piccolo presidio simbolico sotto la Teresona a distanza dal flashmob del centrodestra.

Riflettori tutti sulla chiamata in piazza del centrodestra nel capoluogo. Unitari i cartelli esibiti dai manifestanti e le distanze, quello sì. «Aiuti veri per commercianti, artigiani e partite Iva». «Tempo scaduto è l’ora dei fatti». «Pace fiscale e stop sanatorie dei clandestini». «Flat Tax e fiducia alle imprese». Ma i meloniani privilegiavano la contestazione al governo, i leghisti la rivendicazione immediata dell’autonomia. In prima fila per la Lega, con il commissario provinciale Gianangelo Bof, il sindaco di Treviso Mario Conte, il presidente della Provincia, Stefano Marcon, l’eurodeputato Toni Da Re; i parlamentari (assenti giustificate Angela Colmellere e Marica Fantuz), l’assessore regionale Federico Caner e i consiglieri (Riccardo Barbisan in t-shirt autonomista e logo arachesostufo), una rappresentanza di sindaci e consiglieri comunali, il presidente del consiglio del capoluogo Giancarlo Iannicelli, segretari delle sezioni cittadine come Christian Schiavon e Giacomo Savi; altri segretari di circoscrizione, militanti di diverse sezioni. E ancora il presidente dell’Israa Mauro Michielon, l’ad di Ats Pierpaolo Florian, l’ex presidente di Ascotrade Busolin; Bepi Paolin e Bepi Canova, componenti del direttivo provinciale. Per Fratelli d’Italia, il commissario provinciale Giuseppe Montuori è dietro i Tricolori, al suo fianco i candidati alle prossime (?) regionali Fabio Crea, Tommaso Razzolini, Sandro Taverna, Cristian Rossetto, Luigi Susin. E poi Claudio Borgia, Raffaele Freda, Guido Bertolazzi, Luigi Gazzotti, Sergio Volpato, Daniel Venturin, Gino Balbinot, Barbara Trentin.

Non pervenuti gilet arancioni ed ex forconi, così come gli esponenti dell’estrema destra (anche se qualcuno confessa candidamente di aver tanto voluto esibire una mascherina con il Duce). Ma politicamente l’assenza più pesante era quella di Forza Italia, che ha preferito manifestare a Mestre. —

A.P.

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