Cattedre, Zaia rilancia la polemica «Noi, trevigiani sorpassati dal sud» CONSULTA> Ecco le graduatorie

La protesta degli insegnanti: «Due pesi e due misure nella scuola italiana, giù voti più alti, abbondano i “diplomifici”»

«Insegnanti trevigiani sorpassati in graduatoria dai colleghi provenienti dal sud e laureati al sud? È una prassi». Insegnanti del sud pigliatutto e a quelli del nord resta quel che resta. Carta canta, scorrendo le graduatorie definitive, fresche di pubblicazione da parte dell’ufficio scolastico provinciale di Treviso: delle 51 nuove cattedre di ruolo - il posto a tempo indeterminato - una su due andrà a un professore del Sud. Un dejà vu che, a detta di non pochi professori trevigiani, si ripete puntuale a ogni inizio anno scolastico. Tant’è che anche chi può dirsi fortunato dopo essersi sudato una cattedra definitiva, guarda al trend come a una prassi che ormai ha preso piede. La professoressa Tiziana Zampese, 55 anni, sorella del capogruppo ai Trecento della Lega, Sandro, trevigiana, laurea in scienze biologiche nell’87 all’università di Padova, docente di matematica alla scuola media “Galilei” di Ponzano, è prof di ruolo da otto anni dopo una dozzina da precaria. «Strada facendo sulla via dell’insegnamento», dice, «di sorpassi da parte colleghi in arrivo dal Sud ne ho visti parecchi...».

Professoressa, la scuola del Nord, così come quella trevigiana, da sempre, fa gola ai colleghi in arrivo dal Sud?

«No, è più giusto parlare di una guerra fra poveri. Fatti del genere non sono una novità. Dopo aver superato il concorso ordinario per l’insegnamento della matematica alla scuola media, mi sono trovata subito sorpassata da colleghi che magari avevano fatto il vecchio percorso post laurea per ottenere l’abilitazione, la Siss. Per anni, e chi è rimasto a lungo precario lo sta bene, ogni tanto ha fatto capolino una novità messa in circolo dal ministero. E così ci siamo sempre visti passare avanti in graduatoria da molti colleghi del Sud. I primi di noi si sono ritrovati da un giorno all’altro ad essere gli ultimi».

Forse ci sono più professori al Sud e più cattedre al Nord? I conti così tornano?

«Al Sud nella scuola i posti di ruolo sono quasi il 90%. Da noi invece, se tutto va bene, oscillano tra il 60% e 70%. È ovvio che essendoci più posti disponibili come supplenze ci siano, di conseguenza, anche più domande. Succede allora che chi ha preso l’abilitazione mettiamo a Palermo faccia domanda a Treviso perché ci sono cattedre libere. Ad oggi il sistema permette di presentare domanda in qualsiasi provincia. Il posto va a chi ha il punteggio più alto. E ritengo che gli insegnanti del Sud in questo siano i primi. Mai sentito di qualcuno che da Treviso prende e fa domanda per trasferirsi a lavorare in una scuola magari a Palermo».

Due pesi e due misure dunque nella scuola italiana?

«Secondo me sì. Manca una valutazione oggettiva tra alcune regioni del Nord e del Sud. Mi sento di dire che il massimo dei voti guadagnato qui al Nord non corrisponda spesso e volentieri allo stesso punteggio al Sud dove ancora i diplomifici abbondano».

Dietro l’esodo dei prof in arrivo dal Sud, non si nasconde forse un generale fuggi-fuggi dal mondo della scuola proprio quassù a Nord?

«Qui ci sono più posti a disposizione. E c’è chi per prendere una cattedra di ruolo magari si sposta da Sud a Nord. Qui rimane il tempo necessario previsto, almeno tre, quattro anni, poi chiede il trasferimento nella provincia di provenienza. A pagare caro però è poi la scuola, rimasta senza l’insegnante. Il posto di ruolo lasciato vuoto in questo caso viene assegnato ogni anno a un nuovo supplente. Lasciando gli studenti privi della garanzia di continuità didattica».

Nord-Sud, la discussione sull’annosa partita delle cattedre tiene banco fra colleghi anche a scuola?

«Ho detto che è una guerra tra poveri. In anni di lavoro ho trovato tantissimi colleghi del Sud molto bravi. Non è una questione di provenienza. È il sistema scolastico in se stesso che ci ha comunque messi tutti al palo».

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