Carcere minorile di Treviso, direttrice Fontana: «Sovraffollato ma i posti liberi sono in Sicilia»

Parla la nuova direttrice dell’Istituto penitenziario minorile di Treviso, che attende l’apertura di Rovigo per ridistribuire i reclusi

Lorenza Raffaello
La direttrice dell’Istituto penitenziario minorile di Treviso Barbara Fontana
La direttrice dell’Istituto penitenziario minorile di Treviso Barbara Fontana

«Carcere affollato? Sì è vero, ma i posti liberi sono solo in Sicilia o in Calabria. Se li mandassimo lì come potremmo garantire i colloqui con la loro mamma per cui ogni giorno piangono? ».

Barbara Fontana da gennaio è la nuova direttrice dell’Istituto penitenziario minorile di Treviso, il più affollato d’Italia in termini proporzionali. La capienza è di 12 posti, oggi all’interno di detenuti minorenni ce ne sono 22, 12 minorenni e 6 maggiorenni, alcuni sono i protagonisti dei più agghiaccianti fatti di cronaca nera dell’ultimo periodo.

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L’affollamento sta diventando un problema strutturale?
«Abbiamo un problema di numero dei detenuti e di limiti strutturali della struttura, ormai molto vecchia, ma qui nasce un paradosso, perché è proprio nella condivisione del disagio che si crea la coesione tra i ragazzi e le persone che ci lavorano dentro ed è in questo modo che il carcere riesce ad assolvere alla sua funzione educativa e non solo di repressione e di giustizia cautelare. Il legame tra i ragazzi qui è veramente importante».
Non si riesce a cambiare la situazione?
«C’è la volontà di alleggerire il carcere, il problema è che gli istituti minorili che hanno ancora delle disponibilità di posti si trovano tutti al Sud, collocati territorialmente molto lontani. Noi dobbiamo riuscire a garantire la territorialità di colloqui con i familiari, famiglie provenienti da tutto il Nord Est. Se da un lato siamo schiacciati, da un altro però il territorio non riesce a rispondere a questi fenomeni di delinquenza minorile per cui avviene l’ingresso in istituto e a quel punto anche io come direzione mi trovo a riflettere sull’opportunità o meno di un trasferimento».
Quanto manca all’apertura dell’Ipm di Rovigo?
«Ci hanno detto che probabilmente nell’arco dei prossimi 9 mesi dovrebbero aprire 3 nuove strutture, tra cui Rovigo. Questo consentirà una ridistribuzione chiaramente del sovraffollamento».
Secondo le statistiche il livello di recidiva è ancora alto. Perché succede?
«Noi garantiamo un percorso di rieducazione fino a quando il ragazzo è in Istituto, quando esce però torna nel suo contesto di provenienza e quando questo è compromesso il rischio di recidiva è altissimo. Mentre il ragazzo fa un percorso, la famiglia all’esterno non progredisce, ecco, in tal senso e quindi spesse volte non è in grado di sostenere il ragazzo in questa rinascita».
I ragazzi si pentono di quello che hanno commesso?
«Qui lavoriamo per arrivare ad una revisione critica. C’è un percorso di accompagnamento di analisi con gli educatori di riferimento, ogni ragazzo è seguito da un funzionario pedagogico con cui poi si va a costruire il programma del trattamento e rispetto il cui percorso la revisione critica è un fondamento. il carcere ti obbliga a fermarti e ti offre uno spazio di pensiero. la revisione critica necessita di qualcosa che per i giovani è difficilissimo, ovvero sopportare l’idea di quello che hai fatto».
Come struttura favorite l’ingresso in comunità ad hoc. Ha effetti positivi?
«Questo facilita il percorso educativo e di reinserimento. I ragazzi cominciano a vedersi in un altro modo, dopo aver passato del tempo qui senza che nessuno li giudicasse. È successo che qualcuno uscito ci chiedesse di tornare, temeva di ricadere»
E voi cosa avete fatto?
«Prima gli abbiamo detto di no, ma poi abbiamo capito che avrebbe commesso altri reati e lo abbiamo accolto». 

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