Capitale della Cultura: ecco cosa è mancato a Treviso

TREVISO. Riceviamo e pubblichiamo l'analisi della sconfitta di Treviso, candidata a capitale della cultura 2020, di Giancarlo Corò e Riccardo Dalla Torre
"Parma la Capitale Italiana della Cultura 2020. La scelta fra le dieci finaliste, dopo la prima scrematura su 31 città che si erano candidate, non ha dunque premiato Treviso. L'insieme di idee, soggetti e progetti culturali che questa sfida ha mobilitato costituisce tuttavia un patrimonio prezioso, che non deve andare disperso. Un primo aspetto da richiamare è il valore di una competizione nazionale voluta dal Ministero dei beni culturali nel 2015, dopo la scelta di assegnare a Matera il ruolo di Capitale Europea della Cultura 2019. Come si ricorderà, allora si era candidata Venezia, che tuttavia non venne nemmeno ammessa nella short-list. La competizione per diventare capitale nazionale della cultura ha il grande pregio di stimolare le città a mettere la cultura al centro delle proprie strategie di sviluppo, accrescendo la consapevolezza sull'importanza di tale risorsa per creare comunità più sostenibili, coese e inclusive. Quando si guarda alla cultura scopriamo intanto che si tratta un settore economico sempre più importante: secondo l’ultimo rapporto della Fondazione Symbola, l'industria culturale e creativa esprime nel suo insieme il 6% dell’occupazione e del Pil nazionale, ma il suo impatto è in realtà ben maggiore.
La cultura, intesa come espressione di capacità umane che una società manifesta attraverso la produzione di contenuti artistici, sociali e materiali, ha l'effetto di attivare le risorse creative di un territorio e promuovere l’innovazione. Non a caso sono proprio i paesi con il maggior grado di partecipazione culturale a esprimere la maggior capacità innovativa, componente fondamentale di un'economia competitiva e, alla fine, di una società prospera. Il rapporto tra cultura e sviluppo non si esaurisce, perciò, nei ritorni economici diretti del turismo culturale, ma trae forza soprattutto dall'impatto di una migliore qualità della vita delle persone, dal senso di appartenenza a una comunità fornito dalla condivisione di un patrimonio comune, dagli stimoli creativi che alimentano la capacità innovativa e danno forma a prodotti autentici.
La scelta di Parma ha premiato un progetto culturale che, attraverso il modello del distretto socio-culturale, ha puntato a mobilitare le risorse del territorio, sviluppando spazi di creatività e produzione culturale anche al di fuori del centro storico, coinvolgendo soggetti pubblici e privati in processi di rigenerazione urbana. Un progetto capace di stimolare la produzione di nuovi contenuti in ambiti radicati nell'identità locale, come la tradizione musicale o il patrimonio di cultura materiale della filiera alimentare, rilanciandoli come fattori di crescita sostenibile della città. Siamo dunque lontani dall’idea di cultura che si misura solo nella fruizione di un patrimonio ereditato dalla storia, che premia un ristretto gruppo di attività economiche, secondo un vecchio modello di turismo delle città d’arte. A Treviso è invece mancata quella forza di insieme che Parma ha potuto esprimere anche grazie al coinvolgimento diretto di istituzioni culturali importanti e radicate nella città, come Università e Teatro Regio.
Per Treviso, però, non tutto è perduto. La città ha l’occasione di fare tesoro di questa esperienza, trasformando il dossier per la candidatura in un nuovo e ambizioso progetto di sviluppo culturale. Un progetto che può fare leva su un palinsesto già oggi molto ricco di eventi e manifestazioni e che può contare su un insieme di associazioni culturali che devono tuttavia crescere e consolidarsi. Un progetto nel quale il ritorno economico degli investimenti culturali non sia legato solo alle grandi esposizioni, ma da una produzione culturale diffusa, che si manifesta in performance e opere d'arte non meno che nell'industria manifatturiera o nell'innovazione urbana e sociale".
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