Capannoni, nella Marca l’80% non è antisismico

I maggiori costruttori di fabbricati industriali preoccupati. L’esperto: «Occasione irripetibile, mettiamoli a norma»
Cessalto area industriale Calnova pieve soligo incendio legnaia cessalto area industriale
Cessalto area industriale Calnova pieve soligo incendio legnaia cessalto area industriale

TREVISO. Adesso tremano tutti. La Marca trevigiana, terra di prosecco e capannoni, guarda le immagini e comincia a riflettere. Troppo familiari quei fotogrammi di capannoni di cui è disseminata la pianura emiliana per far finta di niente. Tanto lontano era il paesaggio abruzzese, quanto affini sono le immagini delle zone industriali di Modena e Ferrara.

Adesso si riflette sulla sicurezza dei nostri giganti di cemento: pilastri e cerniere, fragili come un castello di carte. Ce ne sono milioni di metri quadri, che a metterli in fila si attraversa tutta l’Italia. Millesettantasette aree industriali, in media 14 per ciascun comune. L’80% è costruito prima delle più recenti normative antisismiche.

«I nostri capannoni industriali sono particolarmente vulnerabili – spiega Claudio Modena, professore ordinario di tecnica delle costruzioni presso la facoltà di Ingegneria dell’ Università di Padova – soprattutto perché realizzati prevalentemente negli anni Sessanta e Settanta. E’ la tipologia costruttiva stessa a rendere la loro fragilità: sono costruiti come i lego. Auspico che questo terremoto possa diventare occasione per una seria riflessione sulla messa in sicurezza del patrimonio urbanistico veneto. Nel piano territoriale regionale di coordinamento, in corso di approvazione, sono contenute precise indicazioni in proposito».

Sono preoccupati anche i principali produttori di manufatti in cemento, che si chiamano TesiSystem di Casale (gruppo Grigolin), Bassan prefabbricati a Quinto, Agribeton di Treviso, Basso cav. Angelo. Aziende che, negli anni d’oro, realizzavano anche 60-70 mila metri quadrati l’anno: ora i volumi sono dimezzati. Presidente del Gruppo manufatti in cemento di Unindustria è Angelo Basso, titolare della Basso Antonio di via Castagnole: «Abbiamo mandato dei nostri tecnici nelle zone terremotate per verificare le situazioni. Allo stato non abbiamo conferme di cedimenti alle nostre strutture, ma è evidente a tutti come il fenomeno sismico sia stato oltre ogni immaginazione. Qui parliamo di fessurazioni nel terreno anche di 60 centimetri. Adesso dovremo valutare quali siano le azioni più corrette da intraprendere. Siamo tutti consapevoli che i nostri capannoni sono stati realizzati a norma di legge, ma negli ultimi dieci anni la normativa è cambiata nove volte. E qualcosa dovremo cambiare». Da capannone-selvaggio a un nuovo ordine urbanistico, lo faremo?

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