Cantina sociale di Orsago Un solo presidente in 33 anni

Pierclaudio De Martin guida da oltre tre decenni l’azienda fondata nel 1952 Oggi la società fattura 28 milioni di euro e conta 440 soci conferenti, in continuo aumento 

l’intervista

Ha scommesso sul “vitigno a bacca bianca della Marca Trevigiana”, prima ancora che si chiamasse Prosecco, fin dalla fondazione, nel 1952. Oggi, anche grazie a quella felice intuizione, è una delle più antiche cantine cooperative della Marca, ed entra nella classifica di performance di Top 500 con le migliori aziende di Marca. La cantina sociale di Orsago ha chiuso il 2018 a 28 milioni di euro, in un triennio è cresciuta di otto milioni e non ha smesso di crescere sia dal punto di vista del personale che della struttura. Il segreto? Una continuità pluridecennale alla guida, quella del presidente Pierclaudio De Martin e del direttore Luigi Zaccaron. Anno di nascita 1952, presidente De Martin da 33 anni («Avevo ancora i calzoncini corti, e anche il direttore Zaccaron è con noi da moltissimo tempo» risponde lui).

Oggi la cantina di Orsago è una cooperativa di trasformazione che conta 440 soci conferenti e che quest’anno ha vinificato 225 mila quintali di uva. Per la maggior parte Prosecco Doc (circa 130 mila quintali su 225 mila), poi ci sono 50 mila quintali di Pinot Grigio, Pinot Bianco e Chardonnay.

Una viticoltura orientata al vitigno a bacca bianca, appunto, fin dalla nascita. Negli ultimi tre anni è cresciuto non solo il fatturato (da 20 a 28 milioni) ma anche il conferimento, da 180 a 250 mila quintali. Capitolo dipendenti: un direttore, un aiutante, tre impiegati e cinque operai in cantina a tempo indeterminato, più una squadra di 20-24 ragazzi a tempo determinato per la vendemmia e i mesi successivi, come sempre quelli di maggiore lavoro.

Sede in via Pontebbana 24 a Orsago, è la vecchia sede ristrutturata negli anni, un esempio di archeologia industriale continuamente rinnovato visto che negli ultimi tre anni sono stati investiti 3,5 milioni di euro in ampliamenti. «Continueremo a lavorare in questa struttura» sottolinea il presidente De Martin, «una sede disegnata da un “archistar” per noi non avrebbe senso: siamo un consorzio di trasformazione, non andiamo direttamente sul mercato ma abbiamo una serie di clienti con il loro brand. Abbiamo un punto vendita con una dimensione ridotta. Non imbottigliamo e le etichette sono quelle dei clienti. Abbiamo un terminale, il consorzio di secondo grado, che è La Marca, che imbottiglia il 30 per cento del nostro vino ed è la più grande cantina della provincia di Treviso. In quota parte è anche nostra».

Nemmeno la cantina cooperativa di Orsago è sfuggita al “dominio” incontrastato del Prosecco, iniziato nel 2009 con la nascita della Doc.

«Anche prima, però, nella zona di Nordest e tra i colli trevigiani era diffusissimo, a inizio anni Duemila ci si è resi conto che la frontiera enologica qui non sarebbero stati i grandi rossi ma i bianchi» conferma il presidente De Martin, «in dieci anni la Doc è passata da 900 mila ettolitri (il primo anno, entrando comunque in modo dirompente) a 3 milioni e 600 mila ettolitri, cui si aggiungono i 600 mila del Conegliano-Valdobbiadene Docg e i 100 mila dell’ Asolo Montello Docg. Questo contravvenendo alla più elementare delle leggi economiche: è aumentata la produzione ma è cresciuto anche il prezzo. Dieci anni fa eravamo a un euro e venti, adesso siamo scesi ma restiamo a 1,60-1,70 al litro. Il che garantisce una certa remunerazione. È normale che ci si orienti verso le produzioni che danno un reddito più alto».

Tutto vero, ma gli operatori negli ultimi due anni hanno storto il naso per qualche fibrillazione di troppo dei prezzi.

«Il governo del sistema dovrebbe metterci in condizione di trovare un punto di equilibrio, come ha fatto negli ultimi anni, con contratti triennali con le aziende imbottigliatrici. Anni fa eravamo schizzati oltre i due euro al litro, il che ha messo in difficoltà qualche imbottigliatore. Alla base non c’era una ragione plausibile: il mondo del vino funziona molto con l’emotività. Ha prevalso, con le gelate, la psicosi da mancanza di prodotto. Serve stabilità, la chiedono sia i clienti che gli imprenditori che devono poter fare programmi». —

A.D.P.

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