Buchi nei condomini di Treviso, stangato Artuso

TREVISO. Roberto Artuso e la moglie Cristina Caodaglio, i due responsabili della “Restera amministrazioni” accusati di appropriazione indebita e sotto inchiesta per una serie di ammanchi nelle casse dei condomini da loro amministrati, sono stati condannati, rispettivamente, a due anni e otto mesi e a due anni e quattro mesi e al pagamento di un risarcimento danni da 75 mila euro da versare in solido alle parti civili. I coniugi trevigiani erano finiti a processo per un’appropriazione indebita aggravata dall’abuso di prestazione d’opera da oltre mezzo milione di euro. Denaro che riguarda la gestione di marito e moglie, in qualità di amministratori di condominio della società “Amministrazioni Restera srl” di cui erano titolari, di una quindicina di condomini che si sono ritrovati con buchi di decine di migliaia di euro che erano state regolarmente pagate dai residenti (e in alcuni casi anche dal Comune di Treviso trattandosi di alloggi Ater) e che sono spariti nel nulla.
A portare alla luce il caso fu un amministratore condominiale, Stefano D’Andrea, subentrato ad Artuso nelle gestione dei conti dei condomini di via Ronchese 23 e 25. La sua denuncia degli ammanchi nella cassa condominiale fece emergere gli ammanchi in tante altre palazzine sparse in vari punti della città per un totale di circa 510 mila euro di cui oggi molti residenti chiedono conto.
L’ammanco contestato a Roberto Artuso e Cristina Caodaglio è di 514.979,06 euro: 83 mila euro per il condominio “Michelangelo” di via Don Milani, in cui parte offesa è l'Ater così come per gli 8.530 del condominio “Ex Lattes” di via Carlo Alberto, 3.949 per il supercondominio “Ghirada”, 28.600 per il condominio “Montello” di Ponzano, 19.394 per il “Ginestra” di strada del Nascimben, 27.216 per il “Sant'Urbano” di Preganziol, 7.000 per il “Stangade” di via Stangade, 44.639 per il “Sant’Antonino 213”, 42.605 per il “Loggia del Sile” di via Ospedale, 8.000 per i blocchi G1, F2, F3 ed F4 del condominio “Delle rose”, 27.876 per il “Solare” di via Bramante. A questi si aggiunge l'ammanco più oneroso, quello da 108.800 euro del condominio “Campovecchio” di via Polacco, e quelli di una serie di condomini in via Ronchese per un totale di 105.364 euro di buco.
Nei mesi dello scandalo la Restera, tra città e provincia, gestiva circa 60 palazzine. Tolti i feudi, la gran parte di queste è una realtà singola dove una mattina di fine estate i residenti aprono il rubinetto dell’acqua condominiale e scoprono che non esce nulla, guardano il contatore, e trovano i sigilli. È il caso della piccola palazzina di via Pozzobon 15 dove gli abitanti, quasi tutti anziani, decidono di pagare e cambiare amministratore. Per loro l'ammanco era limitato, non può dirsi certo la stessa cosa per quanto accaduto in via Polacco, quartiere di San Zeno, dove i condòmini si sono visti chiedere il conto dei lavori di tinteggiatura che loro pensavano di aver già saldato a suo tempo.
Alla coppia poteva andare peggio: il pm Francesca Torri, titolare dell'inchiesta, aveva infatti ipotizzato una pena finale di tre anni e quattro mesi per Artuso e di due anni e dieci mesi per la moglie.
Giorgio Barbieri
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