Brucia deposito di rifiuti È allarme nube tossica
Distrutti cinquecento tonnellate tra amianto, fanghi e residui chimici Il titolare: «La fabbrica era chiusa per ferie, probabile l’origine dolosa»

Ferrazza Vidor incendio azienda Vidori esplosione
VIDOR. Un muro di fiamme e fumo nero ha avvolto prima il capannone della Vidori Servizi Ambientali Spa, lungo la Provinciale 34 a Vidor, e poi si è spostato sotto forma di (impressionante) nube nera sopra le case del Quartier del Piave. Paura, finestre sigillate, sindaci con l’altoparlante a chiedere alle persone di non uscire di casa, terrore di una nube tossica giustificato dalla natura delle sostanze bruciate nel rogo: amianto, bombolette spray, fusti di reagenti chimici. Rifiuti pericolosi, rifiuti, tra l’altro, poco infiammabili: dettaglio, quest’ultimo, che ha fatto saltare la mosca al naso dell’amministratore unico della Vidori, Filippo Antonello, il primo a parlare apertamente di sospetto dolo, annunciando al tempo stesso di pensare alla chiusura dell’attività. Ieri, dopo il prolungato sforzo dei vigili del fuoco, la situazione è tornata sotto controllo attorno alle 19. Bilancio pesantissimo: almeno un milione di euro di danni, sei feriti lievi (i due titolari e un dipendente dell’azienda leggermente intossicati, tre vigili del fuoco stremati dal caldo), l’incubo di aver respirato sostanze tossiche che durerà finché Arpav non diramerà i dati ufficiali raccolti dalle centraline sul posto. E, sullo sfondo, le indagini in corso per accertare la natura del rogo.
Fiamme alte decine di metri.
La prima chiamata al 115 è arrivata da un’ambulanza che stava trasportando un ciclista infortunato da Valdobbiadene a Conegliano. In pochi minuti, sulle centraline dei vigili del fuoco sono piovute un’ottantina di telefonate da tutto il Quartier del Piave e dalle zone a ridosso di Cornuda e Crocetta: impossibile non notare l’imponente nube nera che si levava dal lato Est del capannone di via Paludotti, sulla Provinciale che collega Vidor a Moriago. L’incendio è partito dall’area del magazzino in cui erano stoccati alcuni fusti di reagenti chimici, e da lì si è propagato su tutto il lato Est del capannone della Vidori: sono bruciati per primi plastica, cartoni e imballaggi. I primi a portarsi sul posto sono stati i titolari della ditta, i fratelli Andrea e Laura Vidori, che coraggiosamente hanno cercato di avvicinarsi al loro stabilimento, per fortuna chiuso per ferie e quindi senza personale all’interno. Condizioni quasi impossibili per i vigili del fuoco («Qui c’è un calore enorme, impossibile anche solo avvicinarsi» hanno gridato sulle loro ricetrasmittenti i primi pompieri arrivati sul posto). In poco tempo le fiamme, alte decine di metri, hanno divorato anche la zona delle bombolette spray, fanghi, cenere e, soprattutto, cinque tonnellate di eternit. Scenario infernale, osservato da decine di curiosi.
Sindaci con il megafono.
Nei momenti di maggiore tensione, ieri pomeriggio, i sindaci di Vidor, Albino Cordiali, e Farra di Soligo, Giuseppe Nardi, su indicazione della Prefettura e aiutati dalla Protezione Civile hanno percorso le strade dei loro Comuni con il megafono, chiedendo alle persone di rimanere in casa, non aprire le finestre, non consumare la verdura dell’orto, intanto il loro collega di Valdobbiadene Luciano Fregonese mandava le stesse raccomandazioni via social e i Comuni di Pieve e Refrontolo inviavano un sms ai loro residenti. Mentre, nel frattempo, i tecnici Arpav raggiungevano via Paludotti per iniziare le prime rilevazioni della qualità dell’aria. Timori anche per gli sforzi dei pompieri, a un certo punto costretti a idratarsi con l’acqua portata dai sindaci (attorno alle 16 di ieri), quando non a chiedere aiuto alle ambulanze del Suem, che sul posto ha allestito un punto medico avanzato.
«Il capannone è perso».
Alla fine della giornata il bilancio parla di circa 500 tonnellate di rifiuti in fumo (di qualsiasi tipo: dai reagenti alla plastica, dall’eternit alle bombolette spray, e ancora cartoni, imballaggi, colle, vernici. L’amministratore, Filippo Antonello, non usa giri di parole: «La fabbrica, in cui i rifiuti venivano solo stoccati e non trattati, era vuota e pulita. E l’incendio è partito dal reparto dei fusti chimici, materiali pericolosi ma al tempo stesso poco infiammabili. C’è qualcosa che non quadra. Bisogna verificare le cause, ma trovo tutto strano. La dinamica ci lascia perplessi». Passerà (ma ci vorranno, forse, dei giorni) l’allarme per la nube tossica, inizierà la conta dei danni: «Abbiamo perso anche una macchina da 500 mila euro, impianti vari, il laboratorio per la selezione, cernita e pressatura dei rifiuti, due camion», continua Antonello. I danni saliranno presto sopra il milione di euro: «Il capannone è ragionevolmente perso. Sarà difficile ripartire». E pensare che la Vidori voleva trasferirsi in uno stabilimento più grande, poco distante. Fino alla tarda serata di ieri, i vigili del fuoco hanno lavorato per mettere in sicurezza quello che resta della sua storia iniziata nel 1989.
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