Berto’s, mezzo secolo di serrande alzate «pure senza bollino»

Il titolare: «Si diventa negozi storici solo grazie al cliente  La nostra esperienza non ce la toglie nessuno»

«Forse ho sbagliato a non adeguarmi, ma in un mondo in cui le botteghe cambiano nome e merceologia quasi settimanalmente, noi i cinquant’anni li abbiamo raggiunti. E non importa se non abbiamo dato la caccia al bollino regionale: cinquanta sono e cinquanta restano. E non ce li toglie nessuno». Eccola la risposta alla polemica su “negozi zaiati e non”. La bottega in questione sorge di fianco allo stegosauro cangiante della chiesa di San Martino Urbano farsi notare. L’eleganza, direbbe lord Brummel, è non farsi notare. Berto's, che sorge proprio lì a due passi dalla ex chiesa templare e che figura tra le "botteghe storiche" cittadine, ha come cifra la sobrietà. Cinquant’anni di serrande tirate su e giù tutti i santi giorni. Era nata nel 1968 come "aggiunta" a una più tradizionale bottega di sartoria gestita dal "maestro" Giuseppe Berto. All'epoca, Roberto, il figlio, pareva destinato a una carriera di dj confidenziale alle radio libere che stavano nascendo in città. «Intanto non smettevo di rubare il mestiere con gli occhi. Mestiere è rispettare il cliente, consigliarlo con discrezione, fino a far emergere il meglio dei suoi gusti. I suoi, non i tuoi. E così che si tiene aperta la boutique per oltre mezzo secolo, senza temere brevi e sfortunate incursioni di chi s'inventa negoziante. Alla fine ci si ritrova con una clientela di buon livello. Attenzione, non sto parlando di portafogli: tra i miei clienti c'è tanta gente che acquista pochi capi sicuri, abiti senza età che hanno il... difetto di trasformarsi in classici». Il marchio più caratteristico di Berto's è Missoni e le gesta e le battute di Tai e Rosita sono nell'aneddotica dell'ambiente; l'aneddotica del negozio è altra cosa. Berto ricorda che tra i clienti illustri c’erano Paola Gassman e Paolo Ferrari. Anche Athina Cenci, in realtà più come co-tifosa della Fiorentina che come attrice. E poi il simpatico rapporto legava papà Giuseppe a Gino Bramieri. Facile pensare ad una "bottega da vecchi" più che a una bottega storica, ma la presenza giovane in negozio (che ha anche un “gemello” a Jesolo) è costante. «Magari pagano in più trance, ma i ragazzi e le ragazze hanno il gusto di vestire in modo non dozzinale. Insomma, non siamo l'alternativa agli empori cinesi e agli stracciaroli italiani, troppo diversi per non accorgersene. C'è posto per tutti, a questo mondo». Pure tra i fornitori. «Sono cambiate tante cose negli ultimi anni - dice Roberto Berto - Sono cambiati i clienti. siamo partiti da una posizione di vantaggio, certo: chi metteva i cardigan di Missoni certo non era tipo da grisaglia o da cravatta nera. Quindi niente di strano che si siano fatti avanti materiali e design rivoluzionari, più figli del computer le spolette di lana o cotone. Quest'estate abbiamo avuto una serie di colori e stampe che si ispiravano alla Corea. L'importante è che tutto questo venga capito e riconosciuto come "buono". Per il resto, le operazioni nostalgia saranno sempre benvenute da noi, se verrà garantita la qualità. E poi son troppele mode effimere che non arrivano a durare una stagione». Ma il messaggio vero è un altro: «Fidelizzare il cliente fino a farlo diventare un conoscente presuppone un trattamento adeguato, rispettoso e generoso di consigli e informazioni. Pur di far contento un cliente sono disposto a sfondare la taglia 60, facendomi confezionare ciò che serve, se si può, al couturier artigianal-industriale. Sempre che si stia entro i limiti del buongusto. Voglio che quando qualcuno chiede "chi è che ti ha conciato così?" il nostro cliente possa rispondere con il nostro nome» Con o senza bollino. (t.f.)

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