Beraldo (Ovs): «Via da Treviso per la bolla-affitti. I proprietari devono essere più realisti»

Parla l’amministratore delegato del gruppo: «Canoni sovradimensionati del trenta per cento, vanno legati ai fatturati»
de polo agenzia foto film treviso oviesse
de polo agenzia foto film treviso oviesse

TREVISO. «Gli affitti sono troppo cari, a queste condizioni non ci stiamo. La bolla immobiliare, con la spallata del Covid, ora deve esplodere davvero. Servono canoni di locazione ridotti del 20-30%. E variabili, legati ai fatturati dei negozi». Il caso Treviso, dove OVS ha deciso di rescindere il contratto d’affitto del negozio su quattro piani in via Indipendenza perché la proprietà non ha accettato di abbassare le proprie richieste, dà a Stefano Beraldo l’innesco: l’amministratore delegato del colosso dell’abbigliamento (oltre 1.700 punti vendita, 1.400 circa dei quali in Italia, tutti in affitto, fatturato 2019 da 1,37 miliardi di euro) affronta di petto un tema cruciale per la sua impresa e per tutto il settore del commercio nel settore dell’abbigliamento. Così, dice Beraldo, non si va avanti. Ma promette: OVS non abbandonerà Treviso.

Beraldo, quello degli affitti troppo cari è “il” tema?

«Non possiamo più pagare gli affitti di sei o sette anni fa, è palese. Va rivista l’equazione. In questi 15 anni da quando sono alla guida di OVS si è assistito a una facile erogazione di finanza agli investitori immobiliari, che hanno pagato interessi tra l’uno e il due per cento, con riscossione di affitti, calcolati sulla base dei potenziali di mercato di otto o dieci anni fa, che hanno garantito ritorni in media attorno al sette/otto per cento. Significa ogni anno un utile netto del cinque per cento. Ultra lecito, per carità. Ma oggi non ci sono più le condizioni».

Come sono cambiate?

«Se consideriamo gli ultimi dieci anni, le imprese commerciali hanno fronteggiato un calo del mercato del tre/quattro per cento l’anno. Ora l’emergenza Covid dà il colpo definitivo a questo sistema di rendite immobiliari che non regge più, i negozi non possono più pagare quelle cifre. Non solo i piccoli: anche i grandi. Ora serve realismo».

Basterà? Se ne esce solo con trattative private con i proprietari degli immobili o serve un intervento dello Stato?

«Lo Stato potrebbe fare qualcosa, ma finora non lo ha fatto. Anzi, una cosa sì, ma a unico beneficio delle imprese piccole, con fatturati sotto i cinque milioni: un credito d’imposta del 60% per tre mesi sui canoni di locazione. Un aiutino a pioggia ai piccoli, niente ai grandi. E uno Stato che non incentiva il consumo interno è uno staterello. Questo aiuto, quantomeno, va esteso anche ai grandi gruppi».

E dalla “bolla” come si esce? Legare gli affitti ai volumi d’affari può essere una soluzione?

«Tutti i retailers lo chiedono, è un punto nodale. Ma le proprietà vogliono ancora un minimo garantito. Noi dobbiamo rivedere in modo molto più selettivo le condizioni in cui possiamo fare business. Non posso più pagare gli affitti di sei-sette anni fa. Serve un principio di equità: per la tenuta del sistema serve uno sforzo da entrambe le parti, non enorme da parte di chi paga l’affitto e minuscolo da parte del proprietario. E senza spazio al romanticismo: non posso dire “a Treviso resto anche se l’affitto è troppo alto perché è la mia città”, o “a Milano sì perché è bello”. Si fa l’analisi caso per caso, e vediamo dove si riesce a rimodulare gli affitti».

Avete in testa un numero di quanti negozi chiuderete proprio per questo motivo, come quello di Treviso?

«No, abbiamo intavolato moltissime trattative con le proprietà, e nella maggior parte dei casi stiamo trovando le controparti ragionevoli. Abbiamo rinegoziato canoni d’affitto al ribasso del trenta, quaranta, in un caso anche cinquanta per cento, a Roma».

Problema trevigiano?

«Non la ridurrei a questo. Ora i più funestati sono i centri commerciali, dove con il rischio Covid la gente va mal volentieri. Nelle città il commercio sopravviverà, anche quello piccolo, ma non sui numeri di prima. Molti chiuderanno, purtroppo: tanti negozi ora riaprono solo perché hanno già acquistato la merce per la collezione primavera estate, ma poi per l’autunno inverno...».

Il calo degli affitti sarà fisiologico, tra qualche mese, se ci sarà morìa di negozi. No?

«Sì ma ci vorrà del tempo. Chi è più illuminato, tra gli immobiliaristi, lo capirà subito. Per altri ci vorrà più tempo. È un dato di fatto che il commercio fisico non tornerà più come prima, tra crisi di lunga data, crisi dovuta al Covid e crescita dell’e-commerce».

A Treviso quanto pagate di affitto?

«Preferisco non dirlo».

Ma c’è stata trattativa per rinegoziare al ribasso o è morta sul nascere?

«Noi ragionavamo su una riduzione del 20-30 per cento, ma ci hanno risposto come fossimo mendicanti. Se il proprietario ora pensa di trovare chi paga più di noi, buon per lui».

Chiuso il negozio di via Indipendenza OVS lascerà Treviso o state cercando un altro negozio?

«Riapriremo, certo. In un negozio grande, almeno mille metri ci servono».

Al posto di H&M?

«Quello è un bellissimo palazzo, ma non so se H&M se ne va».

Avete chiuso un bilancio 2019 in salute. Avete già un’ipotesi sul 2020 o è ancora presto?

«Speriamo in un leggero utile o in un pareggio anche nel 2020 nonostante il calo inevitabile di fatturato. Se nessuno ci riduce gli affitti, di sicuro chiudiamo in perdita. Ma non è realistico». —


 

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