Aperti per sentirsi vivi: la quarta guerra del Gambrinus di San Polo contro il Covid

Le porte dell’antica locanda, sorta nel 1847, non chiudono i battenti. Adriano e Pierchristian Zanotto in cucina per onorare la missione 
Adriano Zanotto con la sua famiglia
Adriano Zanotto con la sua famiglia

La storia. «Andare avanti è sempre più difficile ma non possiamo privarci di tutto ciò che abbiamo costruito in anni di lavoro». Nelle parole di Adriano Zanotto, patron del Parco Gambrinus a San Polo di Piave, il dramma della pandemia si accompagna alla dignità tipica del capofamiglia, di colui che rappresenta una vera e propria dinastia della ristorazione trevigiana. Urlare il dolore non basta più, serve speranza. Scegliamo Zanotto come figura simbolo di un settore che, più di altri, si trova a subire i pesanti effetti di una crisi epocale.

La storia torna a bussare alle porte di questa antica locanda, fondata nel 1847, prima ancora della proclamazione del Regno d’Italia. La sua “quarta guerra” (dopo quella per l’indipendenza e i due conflitti mondiali) assume le sembianze di una pandemia, di un nemico invisibile e sudbolo, che nel giro di un anno ha sterminato uno dopo l’altro i riti collettivi: le feste, i pranzi in compagnia, gli aperitivi, i matrimoni.

Ed è proprio su queste abitudini che nel corso dei decenni il Gambrinus della famiglia Zanotto, come tante altre attività nella Marca, si era progressivamente qualificato, arrivando a offrire ai suoi ospiti anche la disponibilità di un grande parco verde immerso nelle risorgive del fiume Lia, diversificando l’offerta tra l’alta cucina e quella di tradizione, creando il celebre “Elisir Gambrinus”, ottenuto con Raboso del Piave e ingredienti naturali, un’eccellenza “made in Veneto” che piace anche alla Casa Bianca.

«I miei genitori mi hanno fatto innamorare di questo lavoro» racconta Adriano Zanotto «e io a mia volta ho fatto innamorare mia moglie Rosa e i miei figli». Ai fornelli c’è ancora lui, affiancato dalla professionalità e dalla ricerca del figlio Pierchristian.

«In questo periodo siamo rimasti solo noi» spiegano «Tutto il personale è in cassa integrazione, in attesa di ripartire: la nostra è una struttura molto grande, ci sono ingenti spese da sostenere, anche solo per la manutenzione del parco. Ma non molliamo. Anche in zona rossa abbiamo deciso di tenere aperta la nostra osteria con cucina: lo facciamo per rispettare la nostra missione originaria, dare ristoro a qualche viaggiatore, a qualche lavoratore di passaggio, dare indicazioni».

I pochi che passano e trovano aperto ringraziano, imbustano il pranzo da asporto e cercano un luogo appartato per consumare, nelle campagne circostanti. Siamo in sinistra Piave, tra Oderzo e Conegliano: gli spazi solitari non mancano. Poi ci sono i clienti affezionati: «In tutto questo tempo» racconta Zanotto «si è creato un legame strettissimo con il territorio e con il paese. Non oso nemmeno immaginare a come potremmo sentirci noi, io, mia moglie, i miei figli, i miei nipoti se dovessimo reciderlo improvvisamente: quelle porte vogliamo che rimangano aperte».

Orari ridotti, entrate giornaliere che non pagano nemmeno metà delle bollette, eventi che vengono posticipati: «Una volta si facevano anche più matrimoni contemporaneamente, siamo arrivati a farne tanti in un anno. Nell’ultimo periodo le esigenze sono cambiate, ci chiedono l’esclusiva della location».

E nel 2020? «Abbiamo lavorato a metà, a ottobre e novembre sembrava ci fosse un recupero, poi c’è stata la seconda ondata. Abbiamo lavorato rispettando alla lettera ogni precauzione, mascherina obbligatoria, misurazione della temperatura». Non è bastato, l’ultimo periodo è tutto in salita: «Anche i nostri collaboratori e i miei figli hanno una famiglia, non si può andare avanti all’infinito. Con queste entrate, in una struttura come la nostra, alla lunga, diventa insostenibile. Continuiamo a spostare tutti gli eventi, da aprile a giugno, senza cancellazioni, ed è una fortuna».

Anche un colosso, inscalfibile, un punto di riferimento come il Gambrinus, promotore dell’omonimo premio letterario intitolato alla memoria di Giuseppe Mazzotti, ammette le difficoltà: «Per tutta la vita ho cercato di imparare dai grandi, come lui» ricorda Zanotto. Ora tocca a lui tracciare la strada . —



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