Ancora una meningite da pneumococco a Treviso: correlazione con l'influenza

TREVISO. Sta diventando un’abitudine (quasi) quotidiana: altro caso di meningite da pneumococco (non contagiosa), ieri mattina, a Treviso. Il paziente è un uomo di 48 anni che si è presentato al pronto soccorso del Ca’ Foncello nella prima mattinata di ieri (14 febbraio), in seguito l’Usl2 ha completato la tipizzazione e l’identificazione del ceppo da parte del team di Microbiologia. Le sue condizioni sono gravi ma non disperate: è ricoverato nel reparto di Malattie Infettive, e il quadro clinico è stazionario. Quello che fa preoccupare i cittadini, tuttavia, è la cadenza delle diagnosi di meningite: dall’inizio della stagione sono cinque i casi da pneumococco, due quelli da meningococco (contagiosi).
«La meningite da pneumococco, a differenza di altri tipi di meningite, non dà origine a focolai epidemici» spiega la direzione sanitaria dell’Usl2, «per questo motivo non richiede nemmeno interventi di profilassi antibiotica sui familiari e i contatti stretti. Si presenta con casi isolati durante tutto l’anno, prevalentemente in inverno e primavera».
Che i casi in questo inizio di 2017 siano più frequenti rispetto al recente passato, però, lo conferma anche il professor Roberto Rigoli, direttore del dipartimento di Patologia Clinica del Ca’ Foncello: «Questo ceppo non è trasferibile, quindi non vi sono motivi di allarme, ma effettivamente il numero di casi che abbiamo adesso è più elevato della media stagionale. Una delle ipotesi è che quest’anno l'influenza sia stata particolarmente forte, in grado di dare infiammazioni violente alla faringe. La popolazione può essere portatrice di determinati germi che causano la meningite, e la sindrome influenzale potrebbe aver facilitato questa infezione».
Se è così, allora, dobbiamo aspettarci altri casi nei prossimi giorni? «Non lo possiamo dire, ma certamente siamo nel momento in cui l’influenza sta raggiungendo il suo picco. Inizierà a scendere nel giro di un mese. A rafforzare questa teoria c’è il fatto che su alcuni pazienti infetti abbiamo trovato anche il virus dell’influenza dopo la biologia molecolare, dimostrando la possibile correlazione».
Il vaccino contro l’influenza, quindi, potrebbe aiutare la prevenzione limitando il rischio di infezioni gravi. Ma fare previsioni su come evolverà quella che, di fatto, è già una piccola epidemia, oggi non è possibile: «Non mi sbilancio», risponde Rigoli, «sono preoccupato per la reazione della popolazione, è difficile comprendere l'aumento dei casi, ma va capito anche che i ceppi non sono collegati uno con l'altro». Intanto restano stazionarie anche le condizioni della paziente ricoverata a Castelfranco, l’insegnante affetta dal ceppo C (meningococco), pur non essendo ancora fuori pericolo.
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