Advar, 25 anni: miracolo volontariato

Un miracolo del volontariato. Non si può che definire così l’Advar che ieri ha festeggiato i 25 anni dalla sua fondazione. Una struttura oggi in grado di assistere giornalmente 500 pazienti, di aiutare le loro famiglie e di dare sostegno psicologico ai parenti. Tutto grazie al volontariato degli operatori e di chi ogni giorno lavora per mandare avanti l’Hospice Casa dei Gelsi. Ieri sono stati proprio i volontari a regalare un tablet alla presidente Anna Mancini. In circa 300, tra volontari, pazienti e familiari, sono arrivati all’Hospice alle 17 per festeggiare il 25esimo compleanno. Ora però l’Advar ha un'altra grande sfida, quell’ampliamento che faticosamente procede.«Abbiamo avuto l’aiuto di molti privati cittadini, ma a mancare, salvo rare eccezioni, è l’apporto degli imprenditori», spiega Anna Mancini, «Mancano ancora 500 mila euro per riuscire a completare il primo stralcio dei lavori, e non vogliamo fermare il cantiere un'altra volta. Costerebbe di più farlo ripartire. Come l’Advar è nata dai bisogni della popolazione, anche questo ampliamento è dovuto a sempre maggiori richieste. Abbiamo visto che le liste di attesa si allungavano». In cantiere ci sono nuove iniziative e campagne per raccogliere i fondi necessari ad ultimare la struttura, che, è bene ricordarlo, non ha ottenuto alcun contributo pubblico.A guardare cos’era l’Advar 25 anni fa, non si può che definire un impresa il livello raggiunto oggi. «Ricordo bene quel periodo, con tutta la fase costitutiva. Ricordo», prosegue Anna Mancini, «le complessità e la determinazione che avuto nel cercare i professionisti e i primi volontari. Ricordo anche i primi malati che abbiamo assistito. Siamo partiti con un incontro nella sala conferenza del Ca’ Foncello, ma la sede era in via Trevisi, nel mio garage di casa. Lo ricordo con un certo romanticismo, sia per la precarietà della situazione, sia per la posizione, con il fiume che scorreva di fronte».Da li è cominciata la grande crescita, con lo spostamento della sede in piazzale Pistoia nel 1992, e nel 2004 l’apertura dell’Hospice a Santa Bona. «Sono cambiate molte cose anche per i malati di cancro», prosegue la presidente dell’Advar, «quando siamo partiti, seguire delle cure palliative sembra impossibile. In Germania e nel Regno Unito erano già molto diffuse, ma in Italia eravamo indietro. Tenere a casa le persone gravemente malate sembrava impossibile, se le cure palliative hanno preso piede anche nel nostro paese lo si deve quasi esclusivamente al mondo dell’associazionismo». Con l’Advar collaborano oggi 250 volontari, che si occupano, oltre che dei 12 pazienti ospitati nelle struttura di via Fossaggera, degli oltre 500 a cui viene prestata l’assistenza domiciliare. Fiore all’occhiello poi il progetto «Rimanere insieme», che aiuta i familiari delle vittime a elaborare il lutto. «Come vedo l’Advar tra 25 anni? Non so come sarà, ma quello che mi sento di dire», conclude Anna Mancini, «è che io, e nessuno di coloro che lavorano qui, ho perso l’entusiasmo dell’inizio. Non ci siamo bruciati e vogliamo continuare a lavorare per garantire dignità alla vita».
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