Addio Regione, Muraro resta in Provincia

Contrordine: Leonardo Muraro non entra più in Regione. Il riconteggio dei voti, sulla base dei sei ricorsi presentati da diversi esclusi alla corte d’Appello di Venezia, ha stabilito che il meccanismo dei resti doveva premiare, in provincia di Treviso, la lista «Veneto Civico per Moretti» e non la lista Tosi dell’omonimo raggruppamento, e di cui Muraro era capolista.
Al suo posto, a palazzo Ferro Fini, si insedia Pietro Dalla Libera, sindaco di Oderzo, esponente delle Rete Civica del Veneto, e che si presentava capolista di Veneto Civico, una delle civiche che affiancavano il Pd nello schieramento pro Alessandra Moretti.
Una sentenza che ha effetti politicamente devastanti per Treviso. Il primo è che la Provincia, che già preparava l’autoscioglimento e il passaggio a ente di secondo livello, resta intatta, almeno sulla carta. Teoricamente, ha un anno davanti, di mandato effettivo, ma adesso tutto è nella mani della Lega. Proprio giovedì scorso il Carroccio provinciale ha chiesto al regionale di espellere Muraro, l’assessore Mirco Lorenzon, candidato di Razza Piave, e gli altri militanti e simpatizzanti che si sono candidati con Tosi. Muraro, per usare un’immagine del gioco delle carte, è più che mai «sotto scopa». E i nodi politici non mancano.
Il secondo effetto è la variazione della pattuglia trevigiana in consiglio regionale: adesso 6 consiglieri sono di Lista Zaia e Lega (Silvia Rizzotto, Nazzareno Gerolimetto, Sonia Brescacin e Alberto Villanova i quattro zaiani; Gianpietro Possamai e Riccardo Barbisan per il Carroccio), 2 del centrosinistra (Andrea Zanoni, Pd; e Pietro Dalla Libera, Veneto Civico) e 1 del movimento 5 stelle (Scarabel).
Alla fine, fa festa Dalla Libera, più che il Pd, che pure attenua i danni nella Marca: Dalla Libera non ha la tessera del partito. Decisivi i 40 voti di vantaggio – 1.050 a 1010 – su Silvano Piazza (altro outsider ma con tessera «Democrat»): decisivo il gruzzolo di voti nel Vittoriese, territorio di Carlo Casagrande, leader regionale delle liste civiche.
Cos’ha portato, tecnicamente, a questo colpo di scena post-urne? Diversi fattori, ai confini fra matematica e politica, riservati agli alchimisti delle urne. Il primo: erano da aggiornare i totali definitivi dei raggruppamenti dei diversi candidati, dopo i seggi congelati fra Venezia e Padova perché non tornavano i conti. Secondo: il criterio dei resti doveva partire dalla lista con meno voti, non da quelle più votate. Terzo: l’adozione del quoziente usato per il metodo d’Hondt nel calcolo dei seggi prevede quello dell’ultimo della lista avente diritto, non quello della prima lista rimasta fuori.
Morale della favola: i nuovi numeri hanno creato un’altra roulette, e la pallina non si è più fermata a Treviso, per la lista Tosi, ma a Padova e Belluno; viceversa, la pallina di Veneto civico ha fatto il seggio a Treviso, e non più a Belluno. Tutto in un quadro più complesso, che investiva anche Venezia e Padova.
Ultimo effetto della cascata istituzionale innescata dalla sentenza di ieri pomeriggio in Laguna, l’amministrazione di Oderzo. Dalla Libera ha 60 giorni di tempo per dimettersi, ma in ogni caso non si andrà alle urne: scadendo a maggio 2016, e dundue aveva meno di un anno di mandato restante, il vicesindaco potrà fare il reggente fino alla naturale scadenza. Come aveva fatto Muraro – corsi e ricorsi della storia – per Zaia nel 2005, quando il futuro ministro e poi governatore del Veneto aveva lasciato la presidenza della Provincia per la nomina a vicegovernatore nella terza giunta Galan. Dieci anni fa esatti.
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