Addio Fernando il “don” più amato nelle osterie

Gestì per anni il Cavallino e il locale a suo nome in via Absidi Era in attesa di un intervento al cuore, sabato il funerale
TREVISO 14/4/2003 TRATTORIA AL CAVALLINO trattoria al cavallino
TREVISO 14/4/2003 TRATTORIA AL CAVALLINO trattoria al cavallino

È facile fare i ristoratori, gli psicoristoratori, i gurmeristoratori, i veganristoratori: basta scegliere una cucina e specializzarsi. Molto più difficile fare gli osti, diventare parte imprescindibile del tuo locale, amico e confidente dei clienti, complice fidato di zingarate incredibili, pietra tombale di segreti indicibili. Forse per questo lui, che trevigiano non era (era veneziano di Martellago, dov'era nato 66 anni fa), è rimasto nell'affetto di tantissimi trevigiani anche dopo essersi ritirato dall'attività. È morto martedì notte, a Padova, nel letto da cui stava guardando la tivù assieme alla moglie Caterina, Fernando Groppo, meglio noto come Don Fernando dal nome che aveva dato al suo ultimo locale in via delle Absidi.

«Co i me ciama don, mi vardo me mugièr e ghe digo: ti gà sposà un prete?», diceva ridendso di gusto. Fernando Groppo era un ristoratore di lungo corso: aveva cominciato, come molti, da cameriere. Da bambino. Unico figlio maschio di famiglia, era stato mandato all'Alberghiero e, da vero veneziano, da lì aveva spiccato il volo verso avventure speciali. Era andato in Svizzera, dove tra un'avventura e l'altra era stato cameriere assegnato al signor Nabokov, scrittore e autore di "Lolita", era stato anche imbarcato sulla nave da crociera che poi (o prima, non si capì mai) avrebbe ospitato le riprese di Love Boat. Ed era stato pure direttore di un paio di alberghi veneziani e jesolani.

Poi si era messo a fare il ristoratore, lui che la cucina la sapeva solo raccontare - come Benedetta Parodi, del resto - ma che sapeva scegliere i suoi uomini. Con Egidio, cuoco di lungo corso ai bei tempi del Carletto, aveva iniziato l'avventura della gestione del Cavallino dentro porta Santi Quaranta. E il successo era stato limpido. L'oste manda il cameriere a prendere la comanda? E lui arrivava al tavolo con la "carega roversada" e lo faceva di persona, di gusto, riconoscendo tutti (e intanto la moglie Caterina allungava un chupa al bambino di turno) raccontando una barzelletta o rispondendo a tono al cliente (Scusi, l'anatra è fresca? "Par quel che ghe ne so mì, l'ultima volta che la go vista rivar davanti ala porta, viva, xera le undese de stamatina") e ricordandosi di ognuno il mestiere, le debolezze, il ruolo, ma dimenticando se la signora o il signore con cui era arrivato la volta precedente erano gli stessi.

L'oste, sì, è anche questo. Nella sua tana piena di giocattoli, radio vecchie, affettatrici storiche e collezioni di cravatte - le sue - a volte imbarazzanti, appena poteva si metteva a cantare. Con due boule in mano a fargli da amplificatori e il primo amico messo al pianoforte. E se lo coccolavano tutti, mentre cantava "Maiuèi" in un inglese molto zoppo (guai a dirglielo, partiva con la storia di Love Boat, dove aveva cantato allietando i crocieristi), o Celentano.

La cosa era continuata dopo il trasferimento al Don Fernando, con in più qualche pensiero: il cuore che faceva il matto, la Caterina che si ammalava agli occhi e diventava "sustosa", i conti che talvolta non tornavano e non certo per colpa sua. Era diventato, in una decina d'anni, già una leggenda trevigiana. Poi la decisione di non rischiare più la salute (stava aspettando un'operazione al solito "paròn de casa" ormai sfinito) e di ritirarsi, lasciando un vuoto (vero) nella piazza trevigiana, cui aveva dedicato "feste in strada" epocali in via delle Absidi. Ogni tanto ripassava per Treviso dal buen retiro padovano di Vigodarzere, dove si era trasferito. Conosceva tutti, dal venditore di caldarroste al Prefetto, ma soprattutto gli artisti, pittori, scultori e poeti che riuniva nel suo vivacissimo cenacolo, compresi tanti musicisti famosi - la banda cubana di Buena Vista Social Club era di casa da lui _ , attori e scrittori. Se solo metà di chi lo aveva amato sarà nella chiesa di Vigodarzere alle 10 di sabato per l'ultimo saluto, bisognerà tenere aperte le porte. Ciao Nando. Que linda es la vida, que lindo el amor. (a.f.)

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