Addio a Franca Fraccaro paladina di tutti gli ultimi

Castelfranco. Memorabili le sue battaglie in difesa degli immigrati dello Scardassi Maestra, aveva 75 anni: salvò un clochard finito nel fossato. Giovedì i funerali
Di Alessia De Marchi
CASTELFRANCO FRANCA FRACCARO E LE STATUE PIGNORATE
CASTELFRANCO FRANCA FRACCARO E LE STATUE PIGNORATE

CASTELFRANCO. Battagliera fino alla fine, sempre dalla parte degli ultimi, contro tutte le ingiustizie. È mancata sabato sera in una stanza del San Giacomo, la mano stretta dal fratello Eliseo, Franca Fraccaro. Aveva 75 anni e ha combattuto fino all’ultimo respiro contro il male che le era stato diagnosticato nell’autunno del 2012. Non voleva arrendersi, anche perché di lei, della sua grinta c’era ancora bisogno in città. Nata e cresciuta in via Valsugana, in riva al Muson, era stata mandata dai genitori a studiare. Mamma e papà avevano colto la sua intelligenza brillante, la sua curiosità verso tutto e tutti e avevano deciso, tra mille sacrifici, di darle in dote il diploma magistrale. Il fratello maggiore Giuseppe era partito in cerca di fortuna in Canada, la sorella Anna aveva trovato lavoro e Franca si era dedicata anima e corpo allo studio. Diploma in tasca, il mattino insegnava nelle scuole elementari di Castelfranco, poi Soranza, Cavaso e Salvatronda, e nel pomeriggio spiegava i segreti di lettere e numeri ai ragazzi dell’orfanatrofio Don Ernesto Bordignon. La sua missione- quella che non ha mai tradito, neppure negli ultimi mesi quando la malattia la metteva a dura prova- era stare dalla parte degli ultimi. Prima erano stati gli orfanelli, più tardi tra gli anni Settanta e Ottanta i poveri che si rivolgevano alla “Baracca” del quartiere Risorgimento, una delle prime esperienze di acquisto solidale. Franca era una delle animatrici del gruppo che proponeva attività educative e sociali. Negli anni Novanta, con l’arrivo della grande migrazione dall’Africa, si era dedicata agli extracomunitari. E fu l’ex Scardassi, la vecchia fabbrica davanti alle mura, diventata una sorta di centro di accoglienza. Stranieri di tutte le etnie, molti clandestini con lavoro regolare nelle aziende castellane, vi vivevano stipati in condizioni precarie. A loro, Franca, codice civile e leggi speciali alla mano, garantiva aiuto. Era diventata il loro “avvocato”, pronta difenderli dalle angherie di datori di lavoro interessati a sfruttarli senza garantire loro alcun diritto. E Franca scriveva lettere, andava in Questura, regalava domicili per farli uscire dalla prigione della clandestinità. Una notte era stata chiamata per una donna che stava partorendo: clandestina, al nono mese di gravidanza temeva di rivolgersi all’ospedale dove era stata visitata e dimessa qualche giorno prima. Ma la bimba, che portava in grembo e che si chiama Franca, voleva nascere. Franca, minuta ma energica, si era caricata la mamma in bici e l’aveva portata a partorire in ospedale. Nel 1994 proprio per sbrigare pratiche per stranieri era stata travolta da un’impalcatura di un cantiere in via Cornaro: 15 giorni di coma, ma poi si era risollevata. Pacifista, si rifiutava di pagare le spese militari e le avevano pignorato le statuine donatele dagli amici africani. Era stata lei a salvare dall’annegamento Dante, clochard finito nelle fosse. Amava la letteratura e la montagna. Mercoledì, alle 20, all’auditorium Bordignon il rosario con un ricordo aperto agli amici, giovedì alle 11.30 i funerali in Duomo.

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