A Monfumo l’arca delle mele antiche: i piccoli produttori salvano le tante varietà

MONFUMO. Frutto proibito nel paradiso terrestre o benefico rimedio per togliere il medico di torno. C’è un posto in cui la mela mette tutti d’accordo: Monfumo. Tra le dolci colline del borgo, il frutto è diventato il re della tavola grazie a un progetto per reintrodurre e salvaguardare gli antichi meli del territorio.
Piante secolari che rischiavano di andare perdute per sempre, inghiottite dal bosco, soffocate dai rovi, respinte dalla corsa all’oro dei vigneti. «Stiamo lavorando per recuperare un pezzo della nostra memoria.
Un tempo a pochi chilometri di distanza da qui c’era la fabbrica di Onigo dove i nostri nonni portavano le mele da trasformate in marmellate» racconta Martino Pandolfo, presidente della Comunità dei Produttori Mele Antiche di Monfumo.
Il progetto di salvataggio dei meleti storici è iniziato nel 2011 e da allora non si è mai fermato. L’associazione ha già recuperato 1.500 piante per 15 varietà. Pom de la fragola, pom Papadopoli, pom dea Madonna, pom de l’Aqua, pom de l’Oio, Gialet, Limoncella e via discorrendo.

Ogni nome rispecchia le sfumature della buccia, sapore e colore della polpa. Chi si aspetta di trovare ordinati filari di meli a Monfumo resterà sorpreso, gli alberi crescono spontanei qua e là e danno il meglio di sé a primavera, quando punteggiano di bianco la collina. Si trovano nei posti più impensabili: sul ciglio della strada, a delimitare un campo, addirittura nel giardino della scuola elementare dove le mele Florina vengono raccolte dai giovani alunni.
«Si tratta di una coltivazione diffusa. La nostra associazione conta oggi 25 soci, in queste settimane è tempo di vendemmia, arriviamo in media a una decina di quintali di produzione ad annata. Ma la Natura ha sempre l’ultima parola, non la si può contraddire» aggiunge Pandolfo.
Per avviare l’iniziativa è stato necessario ascoltare gli anziani. Solo loro potevano rivelare i posti migliori dove mettere a dimora i nuovi alberi, tramandare le tecniche di innesto e i segreti su come preservare le piante più vecchie, ma ancora capaci di regalare frutti deliziosi. Il confronto generazionale ha portato ottimi risultati.
La Comunità dei Produttori Mele Antiche di Monfumo collabora con il vivaio dell’Istituto Parolini di Bassano del Grappa, beneficia del contributo di Oscar Padovani dell’azienda agricola Vecio Pomer, ed è sostenuta da Pro Loco e Slow Food. Negli anni Sessanta il boom economico aveva cancellato quasi del tutto la tradizione dei meleti spontanei di Monfumo. Le piante sono stata abbandonate a loro stesse perché la richiesta del mercato aveva sposato la moda della “perfezione” estetica.
Frutti grossi e impeccabili, usciti dalle colture intensive stimolate a suon di pesticidi. Parevano estinti i vecchi meli di Monfumo, e invece non era così. I loro piccoli frutti, a volte bitorzoluti e un po’ ammaccati, continuavano a spuntare tra le colline, fino a quando un gruppo di amici non si è accorto di loro. «Abbiamo scoperto di avere tra le mani un tesoro» racconta la vicepresidente dell’associazione Elvira Rugolo.
Oggi le mele di Monfumo sono sinonimo di qualità biologica a chilometro zero. La sfida più difficile è rovesciare il paradigma culturale che ci vuole tutti, o quasi, attratti dalla mela “maggiorata”. Come spiega Rugolo: «Il consumatore fin da bambino, deve capire che una mela anche se non è bella deve essere prima di tutto buona e sana». Le mele di Monfumo sono proprio così. Provare per credere.
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