Villorba diventa l’ombelico del mondo dello squash

Trasformare una passione in lavoro. E togliersi lo sfizio di organizzare uno dei tornei più importanti. Patrizio Negro, per tutti “Celeste”, ce l’ha fatta. Il suo nome fa rima con squash, il sogno è vedere la disciplina promossa nel programma olimpico. Oggi e domani, negli impianti del “Celeste Squash” a Villorba (via Fratelli Rosselli), ospita il torneo “Città d’Italia” di categoria Élite, inserito nel calendario Psa (simile all’Atp del tennis, 200 appuntamenti nel globo), manifestazione satellite del principale circuito mondiale ma valida per la graduatoria internazionale. Una prima volta assoluta per la Marca, forse un test per happening di livello superiore. Sedici gli atleti in gara, sei le nazioni rappresentate: stamane alle 13, il via alle competizioni con le eliminatorie; domani le fasi finali dalle 9 alle 13. Atteso Yuri Farneti, numero uno del ranking italiano.
Troverà avversari da Pakistan, Egitto, Regno Unito, Paesi Bassi e Ucraina. La componente azzurra include Ludovico Cipolletta, Mario Gentiletti e l’italo-pakistano Bilal Muhammad, terzo nelle classifiche nazionali. Il montepremi ammonta a duemila euro. Gli appassionati di squash, ma anche chi vuole saperne solo di più, non possono lasciarsi sfuggire l’occasione. Un torneo di tale spessore diventa ottimo biglietto da visita per una disciplina che ha avuto grande diffusione in Gran Bretagna e nelle ex colonie di Sua Maestà, mentre in Italia resta di nicchia con i suoi 200 mila praticanti. Nel mondo, tuttavia, sarebbero oltre 17 milioni a destreggiarsi con racchetta e pallina.
«Pensate che tanti fanno squash per allenare altri sport», racconta Negro, classe ’60, presidente “Celeste Squash”, «Lo fa Roger Federer, ma anche gli insospettabili Lewis Hamilton e Marco Melandri. Pure tantissimi rugbisti e calciatori: stimola la riflessione, migliora l’esplosività della gamba, educa l’istinto felino». Il suo centro, che comprende la scuola di boxe del maestro Cadamuro, vanta 800 tesserati per il solo squash, una cinquantina i fedelissimi. «Vivevo a Parigi, tutto partì nel 1986», prosegue, «Ero lì per motivi lavorativi e presi confidenza con la disciplina. Iniziai a praticarla e, una volta rientrato in Italia, ritenni fosse il caso di esportarla. In poco tempo, si trasformò in un nuovo lavoro. Sono tuttora fra i primi 100 pro’ italiani, mentre mio figlio Tiberio, 16 anni, s’allena al centro federale di Riccione». Ricostruzione che fa capire quanto conti questa due-giorni per Negro. Un altro sogno realizzato. —
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