Tutte le “tose” di Diego Bortoluzzi guida il Permac «È come una famiglia»

il personaggio
È il pretoriano per eccellenza di Gianfranco Bellotto. L’ha avuto al Venezia, lo chiamò anche al Treviso. Poi, certo, Diego Bortoluzzi, soprannominato anche “l’Airone”, ha imparato presto a volare da solo. E dopo una carriera spesa da capitano nel Treviso, con la vita precedente anche in A con l’Atalanta, e poi a Siena, Piacenza, Vicenza, è passato in panchina. All’epoca forse non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato così lontano. Il riferimento non è solo alle esperienze di Palermo, Treviso, Parma, Udinese e Verona - molte delle quali in sinergia con Checco Guidolin, altre da head coach - quanto diventare un pioniere: un ex allenatore di Serie A che ora guida una squadra femminile, il Permac Vittorio Veneto, le Tose, in B.
Bortoluzzi, com’è finito sulla panchina del Permac?
«Avevo già deciso che quest’anno sarei rimasto vicino a casa, ed è spuntata l’opportunità di dare una mano al Permac. In serie C c’era già l’accordo che Laura Tommasella avrebbe fatto l’allenatrice, io il suo vice. Ma poi c’è stato il ripescaggio in B, e in 10 giorni è cambiato tutti: serviva un allenatore con il patentino Uefa, così mi sono fatto avanti, e abbiamo invertito i ruoli. Anche se Laura, ovviamente, è indispensabile. Voleva smettere, sta facendo il corso da allenatore. Ma davanti alla difesa gioca alla grande».
Come sono andate le prime due giornate di campionato?
«Bell’inizio, abbiamo vinto con il Cittadella e poi con la Roma. Torniamo a giocare solo il 27, ho detto alle ragazze di godersi il primato in classifica».
È l’ora del calcio femminile di mettersi in mostra?
«E’ un momento proficuo, in cui ci sono gli spazi giusti per crescere. C’è grande entusiasmo, il traino della Nazionale è stato fenomenale, la federazione si sta sviluppando bene. Poi Vittorio fa un discorso a parte, perché è sul pezzo da 28 anni, c’è grande passione, un vivaio robusto, un movimento d’avanguardia».
Difficile far conciliare gli impegni e gli allenamenti?
«Le ragazze sono encomiabili: lavorano e studiano, c’è chi arriva da Udine o dalla bassa padovana per allenarsi di sera: è un viaggio impegnativo. Di solito la settimana prevede tre allenamenti più la partita, ma io do massima disponibilità e per chi può le sedute aumentano. E chi lavora o ha altri impegni mi chiede un programma per lavorare da sola in altri orari. Sono travolte da una grande passione».
Ha trovato differenze nel gestire un gruppo di donne anzichè di uomini?
«Beh, alle ragazze presenti un’esercitazione nuova e la capiscono subito. Il problema è il “mercato” tra un’esercitazione e l’altra… ma basta richiamarle all’ordine per andare avanti, perché danno grande disponibilità e capiscono in fretta. Le tratto come se fossero delle professioniste, anche se ovviamente non esiste una doppia seduta quotidiana di lavoro e quindi l’impegno fisico diventa giocoforza diverso. Ma il loro grado di preparazione è elevatissimo. Io cerco di non fare confusione e di badare al sodo».
Come valuta il torneo?
«Categoria impegnativa, ci sono squadra come Napoli, Lazio, Perugia. Insomma, non si scherza. Ed è tosto da un punto di vista economico. L’obiettivo è giocarcela con tutte. Mi sembra un campionato equilibrato, ho una rosa di 20 atlete da giostrare, alcune sono giovanissime. Ma il bello è che tra di loro sono amiche, escono insieme, fanno gruppo. Come una famiglia». —
M.G.
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