Top Ganna, alle Olimpiadi su una Pinarello «Crono e inseguimento: sogno in grande»

il personaggio
Simpatia, battute a raffica. Come se lo conoscessi da una vita. Filippo Ganna è così: il ragazzo della porta accanto, il campione che assomiglia a un coetaneo non campione. Incontrandolo, ieri allo store della Pinarello a Fontane, non diresti che dietro quel sorriso c’è un ragazzo che ha visto la carriera impennarsi a suon di risultati. Un ragazzo che alle Olimpiadi di Tokyo potrebbe farci sognare nella crono individuale, di cui è iridato in carica, come nel quartetto in pista. Il padrone di casa Fausto Pinarello – c’è pure il cittì azzurro della pista, Marco Villa - gli mostra la bici da inseguitore che in Oriente potrebbe garantirgli la consacrazione: il solo colore cangiante costa 1.500 euro, la Bolide con manubrio in titanio sinterizzato (e costruito in 3D sulla morfologia dell’asso verbanese della Ineos) vale 25 mila euro. Una Ferrari della due ruote che significa sogni di gloria.
Ganna, rompiamo gli indugi: l’obiettivo dell’anno?
«L’Olimpiade, sono cinque anni che l’aspetto. Punto forte sia alla crono su strada sia all’inseguimento a squadre in pista. Perché sognare in piccolo, se puoi sognare in grande?».
Prima ci sono però altri traguardi: vuole ripetersi nelle crono del Giro?
«Intanto i miei programmi includono Tirreno e Sanremo. Nell’era Covid, ci siamo abituati a vivere alla giornata. Troppo presto per parlare del Giro: vedremo».
A proposito: lei ha avuto il Covid. Un messaggio ai coetanei?
«Rispettate le regole, massima attenzione. Perché, a quanto pare, le regole non vengono rispettate. Considerato che sono tornate d’attualità le zone arancioni e rosse».
Nel 2020, s’è preso l’oro mondiale del tic-tac a Imola. Ed è diventato popolarissimo con le quattro tappe vinte al Giro: la vita è cambiata?
«No, sono sempre il ragazzo di prima. Un ragazzo che ha la fortuna di far parte del Real Madrid del ciclismo. Anche se il cittì Villa, tifoso interista, preferirebbe citassi un’altra squadra».
Il successo cui è più legato?
«La tappa vinta in fuga al Giro a Camigliatello Silano. Un successo inaspettato, maturato in solitaria e in una tappa impegnativa. A livello di carriera, conta molto».
La crono di Valdobbiadene?
«Ero a tutta, ma mi ricordo il tifo. Tutti a scandire il mio nome».
Si sente l’erede di Nibali come uomo simbolo del movimento?
«Siamo corridori diversi, non azzarderei paragoni».
Un giorno potrebbe pensare alla classifica in un grande giro?
«No, dovrei scendere a 70 kg. Le salite del Giro non le vedo per me. Magari si potrebbe valutare in prospettiva una Tirreno, una breve gara a tappe».
Il Record dell’Ora?
«Forse a fine stagione. Altrimenti lo tenterò comunque nel giro di un anno e mezzo».
Si ricorda la prima volta che fece capolino alla Pinarello?
«Da junior, ero già in Nazionale. Correvo con il Team Friuli, ero venuto qui per effettuare un test. Mi aveva accompagnato mio padre, dovevo sostituire pure il manubrio: l'avevo rotto in allenamento». Quella promessa sarebbe poi diventata il campione che il mondo ci invidia. —
Mattia Toffoletto
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