«Sì, è la volta che smetto» Bruseghin, 38 a modo suo

«Le pagelle ai giovani? Non le so dare. Ma su Gatto ho scommesso in anticipo Di Modolo mi fido, Boaro è uno in gamba. Sagan? I fuoriclasse sono ingiudicabili
Di Antonio Frigo
Italian runner Oscar Gatto, of Farnese Vini Team, wins the 217-km eighth stage of Giro d'Italia, from Sapri to Tropea, today, 14 may 2011. Second place for spanish Alberto Contador of Saxo Bank, same time of Gatto. ANSA/ CARLO FERRARO
Italian runner Oscar Gatto, of Farnese Vini Team, wins the 217-km eighth stage of Giro d'Italia, from Sapri to Tropea, today, 14 may 2011. Second place for spanish Alberto Contador of Saxo Bank, same time of Gatto. ANSA/ CARLO FERRARO

«Fosse anche l’ultimo anno da professionista, e probabilmente è così, non avrei nulla da recriminare e non vorrei fosse andata diversamente. Ho fatto sempre tutto a modo mio: ho fatto il gregario a modo mio e bene; mi sono allenato a modo mio e bene; mi sono gestito a modo mio e bene, ho scelto le squadre, perfino i capitani, ho faticato ma ho avuto tanto, ho continuato a essere il ragazzo e l’uomo che ero. Non sono stato un rivoluzionario? Non era nella mia indole. E ho sempre detto che un buon gregario trova sempre da lavorare, mentre un cattivo capitano non diventerà mai un buon gregario. E’ così».

Quanto vogliamo bene a Marzio Bruseghin? Tanto, tutti. Gli vogliono bene i gregari e i capitani, i tifosi del ciclismo vero, i giornalisti cui non ha mai fatto mancare uno spunto e una battuta, i direttori sportivi cui non serviva spiegare troppe cose per vedersi accontentati. Continuare ancora scendendo di livello dall’attuale Movistar di Valverde? Non se ne parla, non abbiamo fame. Continuare, come si era detto, con la Saxo di Contador in cui milita il coetaneo trentottenne Matteo Tosatto? «C’è stato un contatto, ma non se n’è fatto nulla. Ci si può fermare serenamente anche qui - dice - e certo troverò da fare. Mi vedo beve anche lassù, nella mia collina in Piadera, con i miei muss e il mio prosecco. Cosa mi mancherà di più? E’ difficile da spiegare, ma il rapporto che si crea tra te che corri e chi fa e ama il ciclismo: è speciale, dà piacere parlare la stessa lingua. Se dovessi dettagliarlo, raccontare “cosa” significa, avrei delle difficoltà. Ma quanti, ogni giorno, mi affiancano e parlano con me, sanno cosa intendo».

Chi lasci a succederti?

«Domanda imbarazzante, ma non perchè voglia nascondermi. Il fatto è che dei nuovissimi so poco e, facendo vita agonistica per mio conto, alcuni nemmeno li ho incrociati in corsa, sarebbe un sentito dire e non mi piace».

Altri li conosci. Che dici di Oscar Gatto, che va a rappresentarci ai mondiali?

«Ecco, su di lui posso parlare: quando l’ho visto al debutto al Giro era sovrappenso e si perdeva, ma alla fine era tonico e andava forte.Mi sono detto: questo è uno che merita. Quando, dopo due anni, è esploso, ho avuto una piacevole conferma. Ha carattere, spunto, tiene anche in salita. Ai mondiali può anche farci la sorpresa. Il finale non è proprio da lui, ma se gli altri corrono in un certo modo, c’è da farci un pensiero».

E di Sacha Modolo, che hai capito?

«A parte che lo stimo e lui lo sa, a parte il fatto che ha sempre vinto, fin dalle categorie giovanili, ma Modolo ha anche un bel carattere ed è un corridore molto moderno. Ha più spunto e sprinti di Gatto, forse ha qualcosina in meno in salita ma comunque gli strappetti li tiene. Vale Gatto, e poi saranno gli anni a dirci la verità sul suo potenziale».

Boaro, il cronoman?

«Serio, metodico. Nelle crono è già ben rodato e può solo crescere. Gli auguro gni bene».

E di Peter Sagan, trevigiano d’adozione, che pensi?

«Cosa vuoi pensare di uno così. Talento puro, capacità di guidare la bici come pochi, qualsiasi cosa faccia, dal cross alla volata, gli riesce. Ne nasce uno ogni tanti anni e per lui c’è una strada piena di fiori e gioie. Classiche, mondiali, olimpiadi, tutta roba per lui. Ed è pure un bravo ragazzo».

Il tuo capitano più forte?

«L’ultimo, Valverde. I talenti li riconosci quando sembrano dirti: finora ho scherzato, adesso ti faccio vedere. E ti fanno vedere, eccome. Hai presente Pantani che attacca? Lui che butta via la bandana per dirti che sta attaccando e lo fa davvero, senza mai deludere, magari divertendosi come un matto perchè sa di poterselo permettere? E’ da queste cose che riconosci i campioni ».

Ti manca qualcosa, al termine di questa lunga carriera? Sei stato nazionale, hai vinto anche un campionato italiano, sei arrivato terzo al Giro...

«Cosa volete che mi manchi, come posso lamentarmi? Ripeto, ho fatto tutto a modo mio, da bonario anarchico, ma seriamente. Sono contento di quello che ho fatto e ho avuto».

Restare nell’ambiente, no?

«Ci vuole un sacro fuoco, essere sempre sul pezzo, alla Ferretti. Non è il mio caso».

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