Radicchio rosso e pedali la bella storia di Simion che si scoprì campione

SULLE SUE STRADE. La vittoria tricolore a Vidor sulle strade in cui Paolo si allenava già da piccolo
CASTELFRANCO.
«Fra poco, in inverno e sotto le feste in particolare, darò come sempre una mano nella raccolta del radicchio. Però, come tutte le verdure, non mi piace: lo mangio se proprio devo e perché so che fa bene». A raccontarlo è Paolo Simion, enfant prodige del ciclismo veneto con l'hobby della coltivazione del nobile ortaggio. Nel segno di un antico legame fra vita nei campi e mondo delle due ruote. I suoi genitori, Ivano e Vally, gestiscono un'azienda agricola a Martellago (Ve), dove il tricolore juniores risiede.
Sono 1,7 ettari adibiti a coltivazione di radìcio rosso. Rosso come i capelli del giovanissimo talento sbocciato al Giorgione-Aliseo, 18 anni, nato a Castelfranco, balzato agli onori della cronaca vicendo il titolo tricolore su strada a Vidor (infilzando Ignazio Moser, figlio di Checco -, campione europeo su pista omnium a San Pietroburgo e campione italiano a Mori nell' inseguimento a squadre e scratch. Studente allo Scientifico con media che sfiora l'8, dal 2011 dilettante-under 23 alla Zalf: «Prima la scuola, il 5º anno è impegnativo, sarà una stagione di ambientamento», riflette Simion, la «stella» più luminosa nella festa provinciale della Federciclo. E pensare che le premesse del 2009 erano diverse: «Persi quasi 4 mesi fra strappi muscolari, influenze, bronchiti - ricorda -. Non me andava dritta una. Quest'anno, invece, ho infilato subito 2 vittorie consecutive e la ruota ha cominciato a girare. A giugno, poi, la gemma: la maglia tricolore sulle mie strade. Quelle di Vidor, dove mi allenavo da bambino. Quindi, su pista, l'oro europeo, mentre ai Mondiali ho pagato l'inesperienza, cogliendo un quinto e due sesti posti. Peccato».
Più stradista o pistard?
«Presto per dirlo. La strada è la strada, ma la pista ti insegna a stare in bici». Simion aveva giocato a pallone, poi la svolta: «A 10-11 anni, categoria G5. Mi ero stancato del calcio e ingrassavo: dovevo fare sport e un compagno di scuola mi propose il ciclismo».
Prima bici:
«Era un "cancello", un ferrovecchio gialloblù come i colori dell'Uc Martellago. Della serie: prova-a-vedere-se-ci-sai-fare».
Prima corsa:
«Gimkana di mtb a Cappella di Scorzè, entro nella finale dei migliori 5, cado e finisco quinto, cioè ultimo».
Prima vittoria:
«Esordiente primo anno, a Martellago, gioco in casa e all'ultimo chilometro anticipo il gruppo. Alla Gilbert. Di poco, ma la spunto».
Corsa dei sogni:
«Le classiche del Nord, la Roubaix. L'ho disputata quest'anno: sono tornato a casa pieno di lividi e botte. Le stigmate. Devo migliorarmi tanto per il pavé».
Un piccolo Boonen:
«E' il mio idolo con Cancellara. E Daniel Oss. E' passato per la Zalf, speriamo porti fortuna».
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