Pizzolon, figura carismatica del judo di Marca

Lo sport per crescere, a tutti livelli, fa leva sullo sprone alle nuove generazioni che viene dalle figure carismatiche che, un po' dovunque, rappresentano, quando ancora attive, la "spina dorsale" di molte società. E' il caso dell'A.S.D. Judo Montebelluna che conta su un grande atleta e un ottimo tecnico che, di fatto, ha ispirato il sodalizio montelliano in una crescita tecnica e di iscritti negli anni davvero notevole: Adriano Pizzolon, classe 1947, più volte da atleta campione regionale, primo ai campionati amburghesi nel 1968, istruttore diplomato presso l'Accademia Nazionale Judo di Roma dal 1972, maestro dal 1977, cintura nera 6° dan dal 2010, anno nel quale si è classificato anche al terzo posto ai mondiali master di Budapest. La dimostrazione che la classe non è andata perduta con gli anni. Per lui ore e ore di duro lavoro sul tatami, ieri per approdare all'argento ai campionati italiani assoluti del 1970, due anni dopo la prima volta in Nazionale agli europei junior del 1968. Il debutto azzurro al quale seguirono molte altre convocazioni. Oggi per stare vicino, quale responsabile tecnico dello Judo Montebelluna, ad un nucleo di giovani di belle speranze.
«Il judo sta tornando alle origini, dopo che un cambio di regolamento lo aveva privato per molti anni della spettacolarità che è insita nei suoi movimenti. E' bello vedere che tanti giovani», dice Pizzolon, «iniziano a praticarlo, è appagante come tecnico, vedere qualche bell'atleta approdare a risultati importanti, come nel caso della nostra Sara Bertula. E' importante far conto su un numero crescente di iscritti, come nel nostro caso, anno dopo anno».
Pizzolon è stato la prima cintura nera di Treviso, cresciuto nell'A.S. Judo all'ombra del mitico maestro De Carlo che ne ha sempre ammirato la grande forza fisica. Coltivata con il duro allenamento, escogitando magari qualche stratagemma per temprarsi, come l'abitudine di correr scalzo per i campi, per rinforzare i piedi in vista di micidiali spazzate. Ma anche dono di Madre Natura: «Avevo spalle larghe ed ero abituato a portare i sacchi di farina perché lavoravo come garzone da un fornaio. A 15 anni issavo sacchi da un quintale sulle spalle con molta disinvoltura:: "Perché non provi a fare judo ?", mi dissero. Fu la scintilla che fece scoccare una passione che dura immutata».
Tra i suoi ricordi più belli c'è certamente la vittoria conquistata nel 1966 a Treviso, di fronte al proprio pubblico in azzurro contro l'elvetico Hanny, argento alle Olimpiadi di Tokio «Ero nel pieno della forma e della maturazione tecnica. Fu una soddisfazione immensa».
Prando Prandi
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