Pippo Sales spinge Treviso Basket in serie A

Quel giorno, dovrebbe essere prossimo, in cui Treviso Basket tornerà a misurarsi con Siena, Milano e Roma e non più con Carbonera, Povegliano e Crespano, la presenza degli ex giocatori sarà ricordata con affetto e nostalgia. Perché questi signori, ora distinti professionisti di 40 e 50 anni, che hanno coraggiosamente messo gambe e faccia per la causa comune, sono proprio da ammirare. Prendiamo il più assiduo di loro, Filippo "Pippo" Sales, 40 anni, due lauree, affermato psicologo, figlio di cotanto padre, il compianto Riccardo, del quale ha conservato il rotacismo: cosa ti spinge ancora a sgambettare la domenica con ragazzini che potrebbero essere suoi figli?
«Sono cresciuto nelle palestre della Ghirada e per me è stato piacevole rispondere alla chiamata di Bjedov, è un modo per rinfrescare tanti bei ricordi: fino a qualche anno fa, a Roncade, vivevo di pallacanestro. Chiaro che mi devo anche allenare: questi ragazzi migliorano ad ogni gara, stargli dietro non è facile; ma è come andare in bicicletta, non si dimentica mai come si fa. Inoltre ne approfitto per tenermi in forma. Sinceramente non avrei mai immaginato di tornare a giocare dopo 4-5 anni che avevo smesso, ho accettato nonostante avessi un po‘ di paura di farmi male, però ho visto che il fisico ha risposto abbastanza bene. Per cui ogni volta che mi chiamano io risponderò presente».
Certo che questi under se la cavano piuttosto bene.
«Giocano e si allenano tanto. Li ho rivisti dopo Belgrado, avevano uno sguardo più stimolato e motivato di prima: fanno tre campionati, si impegnano, sono davvero bravi».
Stai dando una mano perché Tvb ritorni molto in alto.
«Ho letto che ci sarebbe questa possibilità. L’altra sera ero a casa di un amico a sfogliare quel libro che racconta la storia della Benetton Basket: impressionante, a Treviso è passato il meglio del meglio, è uno scandalo che qui non ci sia una squadra di alto livello. Spero veramente che l’anno prossimo arrivi una A o almeno una Legadue».
Nel meglio è compreso anche tuo padre, il "barone". «Dite che gioco di sponda, da tipico figlio di allenatore: prima guardo se c’è l’uomo libero… Mio padre è sempre presente: andavo a vederlo allenare a Brescia, mi chiudeva nella cesta dei palloni, sennò facevo invasione di campo».
Silvano Focarelli
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