Pin, il braccio destro di mister Prandelli «Treviso merita la B»

Il tecnico vittoriese farà parte della spedizione per il Brasile «Sarà un mondiale imprevedibile, Italia tra gli outsider»
L'attaccante della nazionale italiana Mario Balotelli (D) discute con il vice allenatore della nazionale Gabriele Pin (S) durante l'allenamento al centro tecnico di Coverciano, Firenze, 8 Novembre 2011. ANSA/CARLO FERRARO
L'attaccante della nazionale italiana Mario Balotelli (D) discute con il vice allenatore della nazionale Gabriele Pin (S) durante l'allenamento al centro tecnico di Coverciano, Firenze, 8 Novembre 2011. ANSA/CARLO FERRARO

Lo staff di Cesare Prandelli, quello che nell'estate 2014 guiderà l'Italia ai mondiali in Brasile, parla anche trevigiano. Fin dai tempi del Parma, il timoniere azzurro lavora in sinergia con il vittoriese Gabriele Pin, ormai storico vice, e il coneglianese Renzo Casellato, prezioso collaboratore tecnico. Non c'è Prandelli senza Pin: un'amicizia nata quando entrambi giocavano nella Juventus, un sodalizio proseguito brillantemente a Firenze e in Nazionale. Gabriele, classe '62, è sempre legato a Vittorio, dove ha trascorso l'infanzia e iniziato la lunga avventura nel calcio. Da quelle parti, abitano il fratello Guido, la sorella Rita e la matrigna Lina. Lui vive invece da 21 anni a Parma: la moglie si chiama Donatella, i figli Mattia (25 anni) e Jacopo (20). Ci sono stati altri due Pin calciatori: il cugino Livio da Cappella Maggiore, mentre il collumbertese Celeste non è nemmeno parente.

Pin, ci racconta gli esordi calcistici?

«Cominciai nel Vitt '66, il riferimento era la parrocchia dei Santi Pietro e Paolo. Abitavo lì vicino e rimasi con loro fino ai 13 anni, poi arrivò il grande salto alla Juventus. Se ripenso alla carriera di calciatore, i ricordi sono innumerevoli, tre-quattro i più emozionanti. Dal debutto in serie A a 18 anni con la Juve alla salvezza ottenuta in B con la Lazio malgrado i nove punti di penalizzazione. Ma anche lo scudetto con la Juve nella stagione 1985-'86, maturato a pochi mesi dalla Coppa Intercontinentale. O la bella favola del Parma di Nevio Scala con l'indimenticabile Coppa delle Coppe. Forse gli anni più belli e intensi, anche perché non ero più giovanissimo».

Parma ci riporta allo splendido legame con Prandelli: quando iniziò la sua nuova vita da vice?

«Conoscevo Cesare per la comune esperienza bianconera: io ero in Primavera, lui in prima squadra. Ci siamo ritrovati molti anni dopo a Parma, mentre allenavo nel settore giovanile. Mi propose di fargli da allenatore in seconda e in quell'occasione si formò l'attuale staff della Nazionale: Casellato era già arrivato lì con Malesani e ricopriva il ruolo di preparatore. Ci lega amicizia e stima reciproca: dal primo anno di Prandelli ai ducali, non ci siamo più persi di vista».

Che cosa significa fare da vice al commissario tecnico dell’Italia?

«Non c'è paragone con il lavoro in un club. Far parte dello staff della Nazionale, vivere l'ambiente azzurro è il massimo. Specie per chi come me sfiorò solo la maglia azzurra da calciatore: in verità, una volta venni pure convocato, ma mi feci male... Sei in una posizione privilegiata, è un'esperienza incredibile. Vivi da vicino l'emozione dei ragazzi, la gioia della convocazione. Sul piano pratico, si lavora molto con la tecnologia. Ci si confronta, la condivisione è totale. Le mie mansioni sono soprattutto tattiche, ma separiamo il lavoro anche durante gli allenamenti: io mi concentro sulla fase difensiva e Cesare su quella offensiva o viceversa. Ci dividiamo pure la domenica per visionare i ragazzi, anche se possiamo contare su una rete di sette-otto osservatori».

Il momento più elevato è stata la semifinale con la Germania all'ultimo Europeo?

«Sicuramente, anche per ciò che significa sfidare i tedeschi nella storia del nostro calcio... Ma mi piace rimarcare il contesto in cui gioca la Nazionale. C'è un tifo molto pulito, trovi le famiglie. Ed è bello rendersi conto dell'attaccamento all'Italia dei nostri connazionali all'estero. Non c'è soprattutto lo stress dell'impegno quotidiano».

Si avvicina l'anno del mondiale in Brasile: quali sono le sue speranze?

«Un evento irripetibile, straordinario. Già la Confederations ci ha fatto capire che il Paese stesso sarà il dodicesimo giocatore della Selecao. Sarà un mondiale imprevedibile. Mi riferisco anche all'aspetto climatico e alle distanze. Vedo in prima fila le squadre sudamericane, specie per il vantaggio ambientale. Brasile in primis, quindi Argentina. Poi ci saranno le formazioni europee: Germania, Italia, Olanda e Francia. Il Belgio potrà dare fastidio. Dovremo giocare propositivi e con coraggio, mostrando il nostro spirito».

Continuate a monitorare Andrea Poli? Balotelli è in ripresa?

«Andrea ha pagato un po' le difficoltà del Milan, ma continuiamo a tenerlo d'occhio, Dipende solo da lui. Per noi è fondamentale che giochino. Solo così aumentano autostima ed esperienza a livello internazionale: fattore decisivo per vedersela poi con Messi o Cristiano Ronaldo. Anche per Mario vale lo stesso discorso: le qualità le conosciamo, dipende molto da lui. Se il Milan andrà avanti in Champions, sarà un vantaggio per la Nazionale».

Torniamo alle vicende di casa nostra: il calcio trevigiano non vive un'epoca felice.

«Peccato. Dispiace per il Treviso, una piazza che meriterebbe la serie B o almeno la Prima divisione. Mi ha fatto piacere invece il ritorno del Vittorio in D: non fu la mia squadretta da bambino, ma lì ci sono le mie radici. Spero possa mantenere la categoria, l'Interregionale è un torneo importante».

Mattia Toffoletto

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso