Piccoli: «La provincia resta la culla del grande basket»

Ve lo ricordate quel 19enne che nel 1993, in campo a Forlì al posto di Iacopini uscito per falli, piazzò un 3/3 da fuori alla Kore e diede una grossa mano a far vincere alla Benetton la sua prima Coppa Italia? Oggi Davide Piccoli di anni ne ha il doppio, fa il direttore commerciale Italia per il marchio spagnolo Pepe Jeans e distributore europeo di 94Fifty, tecnologia sofisticata e innovativa, che permette di monitorare e misurare, tramite sensori inseriti nella palla, la performance individuale dell’atleta.
Davide da… piccolo era un esterno cresciuto nel vivaio casual: giocò poi due anni con la Benetton, 91-93, fece in tempo a vincere il primo scudetto e la prima Coppa Italia, e di perdere la prima maledetta finale di Coppa Campioni con il Limoges. Ora si diverte amatorialmente con Tvb.
«Far parte di questa squadra mi fa solo piacere perchè sono di Treviso e la mia passione per il basket non è mai calata. Ho fatto tutta la trafila delle giovanili fino a pulire il parquet del Palaverde, per poi giocarci e vincere. Ora mi fa ancor più piacere far parte di questa compagnia di rivoluzionari. Mi spiego. Negli ultimi anni l’entusiasmo per questo sport a Treviso è scemato: per ritrovare la passione era necessario legare la squadra ad una città di provincia, che poi è la realtà che ha fatto grande la pallacanestro italiana: Pesaro, Livorno, Caserta, Cantù. Questa rinascita da noi ha due segnali importanti: il primo è che Treviso non si è stancata del basket ma di un certo modo di farlo; il secondo è il piacere da parte mia di partecipare a questo rinnovato entusiasmo con persone che ho sempre stimato».
Il tuo momento di gloria lo avesti in quella finale di Coppa.
«Un bellissimo momento, tuttora vivo: mi fa piacere che la gente se ne ricordi ancora».
Cosa ti passò per la mente?
«Niente, altrimenti non avrei avuto la concentrazione per fare quei canestri. Semplicemente ero giovane e determinato, non avevo paura di provarci e Pero Skansi faceva giocare chi se lo meritava».
Dopo 20 anni com’è cambiato il basket?
«Non c’è più la fame di allora. La svolta è arrivata con l’eliminazione dei cartellini e il conseguente calo di livello tecnico nei vivai: la A di media classifica di oggi equivale alla bassa classifica dell’A2 di 10-15 anni fa. Una volta ci si allenava di più e meglio, curando molto i fondamentali: è come volere giocare a golf senza aver imparato lo swing. Se le basi non ci sono, inutile passare alle fasi successive».
Come giudichi gli under 19 e under 17 di Treviso Basket?
«Vedo mezzi atletici interessanti e spirito di squadra. Poi hanno alle spalle un’ottima organizzazione ed un allenatore, Bjedov, estremamente preparato. Se vogliono diventare dei giocatori di pallacanestro devono solo sfruttare questo grande tesoro che hanno. La domanda è: avranno come priorità questa volontà?».
Silvano Focarelli
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