Patelli, dall’Olimpiade al camice

Canottaggio. La 25enne coneglianese si laurea in Medicina dello Sport
CONEGLIANO. Dall’Olimpiade al camice. Da Rio al Bo, dal canottaggio alla laurea in Medicina. A colpi di remi, per regalarsi un altro sogno: dai cinque cerchi al 110 e lode. Alessandra Patelli, finalista B nel due senza ai Giochi brasiliani, è splendido esempio di come si possano conciliare studio e sport ad alto livello. «Tutto è possibile, ma mai da soli», il messaggio della 25enne di Conegliano, «Famiglia e amici sono decisivi. Ci vogliono tanto sacrificio e carattere. E l’indole deve avermi aiutata: ho sempre cercato ciò che più mi mettesse in difficoltà, per poi riuscire a farlo. Così ho raggiunto l’Olimpiade, così mi sono laureata in Medicina. Le sfide mi sono sempre piaciute».


Alessandra ha saputo coniugare due grandi passioni. Ha discusso una tesi in Medicina dello sport intitolata "Valutazione della funzione ossidativa muscolare in un gruppo di pazienti nefrotrapiantati attraverso l'analisi della cinetica del consumo di ossigeno". L’ha elaborata nel reparto di Medicina dello Sport dell’Usl di Padova, avendo come relatore il prof. Andrea Ermolao. «Ho iniziato a frequentare il reparto a dicembre, poi da marzo ho cominciato a sviluppare il progetto», spiega l’azzurra, «Ho effettuato 30 test, confrontando soggetti sani con pazienti sottoposti a trapianto di rene. L'obiettivo era verificare come l’attività fisica possa migliorare le condizioni fisiche e psicologiche. Ho ragionato sullo sport come terapia». Al Bo, s’è riunita pure la sua seconda famiglia, quella del remo. Da Sara Bertolasi, compagna di barca a Rio, alle altre nazionali Sancassani, Pollini e Marzari. Pure l’olimpionico Rossano Galtarossa, che alla Canottieri Padova l’ha vista centrare il traguardo più bello.


«Il sogno da piccola era l’Olimpiade più che diventare medico», ammette, «Negli ultimi anni del liceo, ero incerta fra Ingegneria e Medicina. Sarò sempre grata a mia sorella per avermi iscritta al test d’ingresso: me ne sarei dimenticata. Certo, avere papà e nonno medici può indirizzarti, ma nel mio caso non posso dire che la strada fosse già tracciata». Fra ritiri e selezioni, non deve essere stato semplice tenersi al passo con libri e appelli: «Dopo i Mondiali, non esisteva vacanza e mi mettevo sotto a studiare. Rinunciavo a qualche uscita, ma ne è valsa la pena». Dopo Rio, ha staccato un po’ con il canottaggio.


Solo Tricolori nel 2017, zero impegni con la Nazionale: «Per qualche mese, ho provato a fare solo la studentessa. Poi ho ripreso ad allenarmi, ne avevo bisogno. Ho una doppia identità: mi sentivo spaesata, destabilizzata. Il futuro? Ci penserò. Intanto mi godo il viaggio di laurea a Dubai».


Mattia Toffoletto


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