Palaverde: fenomeno da record italiano

TREVISO. Non più tardi di tre anni fa c’era il serio pericolo che diventasse una tristissima cattedrale nel deserto: spariti i club di pallacanestro e pallavolo d’alto rango, che assieme facevano la bellezza di 51 titoli conquistati (19+32), chi mai avrebbe potuto solo lontanamente immaginare di riempire come ai bei tempi l’impianto dei loro trionfi? E quegli stendardi appesi al soffitto rischiavano davvero di diventare cimeli polverosi, testimonianza di un’epoca lontana, irripetibile.
Ed invece il Palaverde, grazie prima all’Imoco Conegliano e poi a Treviso Basket (ed all’efficacia delle rispettive strategie di marketing), è tornato a far parlare di sé non solo a livello locale ma in tutta l’Italia: le foto con gli spalti strapieni, l’entusiasmo straordinario anche per gare di routine o quasi, le migliaia di bandiere e sciarpe gialloblù e biancazzurre ostentate con orgoglio sono il simbolo di tutta una provincia che ha riscoperto il lato più bello del tifo, cioè di andare alle partite per divertirsi, socializzare, godersi lo spettacolo ed anzi parteciparvi in prima persona.
E, si badi, ciò avviene senza che la realtà sia legata necessariamente ai risultati: il Palaverde si riempie sia con una squadra vincente, come la De’ Longhi, sia con una che va a rilento, come l’Imoco. Qualcosa di suo lo mette anche il palazzo che, nonostante abbia 32 anni, resta tuttora un gioiello architettonico molto ospitale ed accattivante, con una visuale ottimale da qualsiasi posizione: per chi l’ha visto costruire e crescere la soddisfazione è doppia. Intendiamoci: i sold out non sono un’esclusiva di oggi, c’erano già in passato. Per dire: nella prima metà degli anni 80, quando la Benetton era più in A2 che A1, si contavano anche 4.000 abbonamenti, l’impianto era perennemente esaurito e tutti gli altri sport quasi non esistevano.
Si trattava di un fenomeno molto simile a quello di adesso: era germogliato il seme lanciato dalla Liberti, da cui nacque la passione per questo sport. Ma stiamo parlando di oltre 30 anni or sono, un paio di generazioni fa, quando il grande basket a Treviso era ancora qualcosa di relativamente nuovo, quasi sorprendente, da scoprire e che riscuoteva entusiasmo a prescindere. Di contro, negli anni 90 e soprattutto 2000, il Palaverde, a parte le finali scudetto, faceva fatica ad arrivare a 3.000 presenze. Ed anche negli anni più fulgidi, ad esempio quello dell’ultimo scudetto Benetton, 2006. Aver reciso, nella pallacanestro come nella pallavolo, il cordone ombelicale che univa la Marca ad una famiglia benemerita, chiaro, ma ormai stanca e delusa è stato doloroso e però anche utile, perché ha favorito l’arrivo di due altre società che hanno portato in dote energie nuove e fresche.
Girare pagina, ricominciare con proprietà differenti (l’Imoco arrivava addirittura da un altro Comune, qui il caso è ancora più eclatante) è stata la scintilla dalla quale è divampato l’entusiasmo crescente e contagioso di cui oggi si sta parlando a livello nazionale. Di fronte a questi dati di affluenza impressionanti, le due dirigenze sono consapevoli di non essere già arrivate, nessuno crede che il più sia ormai fatto: mai cullarsi sugli allori, si può sempre fare di meglio, i record sono belli e gratificanti ma il giorno dopo ci si organizza per superarli. E De’ Longhi ed Imoco, dove lavora gente competente e lungimirante che sta portando avanti progetti ancora giovanissimi, sono già all’opera per riuscirci.
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso