«Non riescono ad accettare i propri limiti»

Gli psicologi spiegano l’uso dei medicinali per le prestazioni: «Si teme il fallimento della performance»

L'incapacità di accettare i propri limiti e l'ossessione di trovare il modo di fare sempre di più e meglio, andando contro natura. Il doping torna alla ribalta delle cronache e così, si aggiorna la lista degli atleti che sono risultati “positivi” al test. Anabolizzanti, steroidi, testosterone, una giungla di sostanze, il doping si trova tra i professionisti ma, sempre più di frequente, anche tra gli amatori. Soffermandosi su questi ultimi, il dato è preoccupante. Stando al rapporto 2013 della Commissione di Vigilanza del ministero della Salute il 3% degli sportivi della domenica usa sostanze e un buon 70% farebbe ricorso a qualche farmaco, soprattutto antinfiammatori. «Spiegare il perché di questo fenomeno è complesso» evidenzia la psicologa Nicoletta Regonati, «entrano in gioco questioni personali, sociali e pressioni legate alla propria immagine. Forse si può ricondurre il tutto a una duplice difficoltà, si prende il doping perché non si riesce ad accettare i proprio limiti e si ha paura ad affrontare l'idea di un fallimento agli occhi degli altri. Si teme il giudizio». Una mancanza che si traduce nella dipendenza da qualcosa di esterno e dannoso, continua Regonati: «Così facendo si dà valore all’apparenza e poco alle emozioni e ai sentimenti, una scelta che fa perdere la relazione con se stessi prima di tutto e poi con gli altri».

Questione di cultura più che di informazione, visto che di doping si parla molto e si fanno vere e proprie campagne di sensibilizzazione e denuncia dei danni che può provocare, secondo Tito Boccaletto, psicologo e psicoterapeuta trevigiano. «Il fatto che il doping faccia male è risaputo, ma questa nozione perde di peso se la si rapporta a una scala di valori che ne normalizza a priori l'uso, anche tra gli sportivi della domenica». All’origine di questa educazione sbagliata, ci sono gli ambienti educativi frequentati dallo sportivo, la famiglia, la squadra e infine il gruppo con cui si va a fare la corsa in bici nel weekend, la maratona o qualche altro sport, continua Boccaletto: «Già in età scolare e forse anche prima si creano i presupposti per cui il sistema di valori fa diventare tollerabile e addirittura giusto assumere una sostanza che ti faccia superare la performance personale e reggere il confronto con le altre persone. La contrapposizione con l'avversario diventa una sfida».

Valentina Calzavara

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