Morto Sambo, olimpionico del canottaggio

E’ morto Renzo Sambo, olimpionico del canottaggio, una delle leggende dello sport trevigiano ed italiano. Aveva 67 anni. Vinse la medaglia d'oro ai Giochi di Città del Messico 1968. E’ spirato nella sua nuova casa a Feltre, dove aveva tanto voluto trasferirsi in una lotta contro il tempo fra lui e la malattia inesorabile.
Renzo Sambo in una vecchia foto
Renzo Sambo in una vecchia foto
E’ morto Renzo Sambo, olimpionico del canottaggio, una delle leggende dello sport trevigiano ed italiano. Aveva 67 anni. E’ spirato nella sua nuova casa a Feltre, dove aveva tanto voluto trasferirsi in una lotta contro il tempo fra lui e la malattia inesorabile. Era stato dipendente dell’ospedale, prima in portineria, poi passato nell’ufficio acquisti. Atleta del Dopolavoro Ferroviario, medaglia d’oro alle Olimpiadi nel 1968, era poi passato al Cral Ospedalieri, da atleta e allenatore.


Negli ultimi tempi si era dedicato allo sport per i disabili. Lui, lo sport aveva sempre inteso nell’accezione più alta e bella, con una passione rara e disinteressata sempre. Sapendo - pochi, pochissimi come lui - quanto sacrificio richiedesse. Due dei suoi atleti, lo scorso anno, avevano partecipato alle ParaOlimpiadi di Pechino.


Più volte campione italiano - 15 volte - aveva centrato il titolo europeo nel 1967, dopo una medaglia d’argento l’anno precedente. Era stato il primo trionfo internazionale del leggendario equipaggio Baran-Sambo-Cipolla (timoniere quest’ultimo, aveva solo 15 anni), che il 19 ottobre 1968 avrebbe sbalordito il mondo a Città del Messico, sul bacino di Quemanco.


Sambo lascia la moglie Margherita e i figli, Monica, Laura e Mauro; quest’ultimo ha ereditato la passione del padre, e nazionale giovanile di canottaggio aveva anche conquistato il titolo di vicecampione mondiale juniores. I funerali si terranno giovedì mattina a Feltre.


Vastissimo il cordoglio in città, dove la notizia si è sparsa ieri in serata. Commosso il suo compagno Bruno Cipolla, nel 1968 timoniere del due con: «Sapevamo di quanto stesse soffrendo, l’avevo visto due settimane fa - racconta - Renzo resta un modello di modestia e di altruismo. Un grandissimo dello sport italiano e mondiale, che avrebbe meritato molto di più. L’ho considerato un altro padre, i miei ricordi più belli con lui non sono agonistici. Mi auguro che la città tutta sappia onorarlo come merita». Per Treviso, non solo per lo sport, un altro gravissimo lutto.

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