TREVISO. Un pugno nello stomaco, quello che ti fa mancare il fiato. E ti lascia sgomento. Henry Williams non c’è più. Non è più tra noi uno dei più formidabili americani mai visti a Treviso e in Italia. E’ morto l’altra sera a Charlotte, North Carolina, dove aveva giocato nel college e scelto di vivere ciò che gli restava della sua troppo breve esistenza dopo essersi ritirato dallo sport.
Ce l’ha strappato una maledetta insufficienza renale: dal 2009 aveva scoperto quella terribile malattia che lo costringeva alla dialisi. Ma lui quel sorriso non lo perdeva mai. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo si sarà accorto che aveva a che fare con un ragazzo stupendo: correttissimo e spettacolare in campo, la simpatia fatta persona, ragazzo splendido, generosissimo con tutti, dimostrava ogni minuto, in campo e fuori, la sua vocazione religiosa, che lo aveva portato a diventare ministro di culto alla Mount Zion Missionary Baptist Church di Charlotte, dove aveva lavorato prima nel settore immobiliare, poi nei software e nei distributori automatici. Henry lascia la moglie Katrina ed i figli Kristen, Lauren e Brice.
Era nato il 6 giugno 1970 ad Indianapolis, tanto per far capire che era destinato a correre veloce. Dopo il college venne scelto da San Antonio nel 1992 ma non giocò mai nella Nba: inspiegabile. La sua fortuna fu essere adocchiato da quella vecchia volpe di Andrea Fadini che lo portò a Verona nel ‘93, due anni lì bastarono a Maurizio Gherardini per decidere poi di portarselo alla Benetton: ’95-’99, al primo anno 25 di media, l’indimenticabile scudetto del ‘97 strappato alla Fortitudo di Myers con 21 punti a gara, una Supercoppa, una Saporta, mvp nel ‘96. 3067 punti in 145 presenze, di cui 2147 in campionato. Il popolo del Palaverde andava in sollucchero per le sue acrobazie, le sue bombe, le sue penetrazioni: mancino puro, tiro mortifero, intensità pazzesca. Erano gli squadroni, guidati da D’Antoni, con Pittis, Bonora, Rebraca, Sekunda, Marconato, Rusconi, Nicola.
E di Andrea Gracis: «Una persona speciale - ricorda l’attuale ds di TvB - aveva dentro qualcosa di particolare, grande fiducia in se stesso, specialista dell’ultimo canestro o di quelli più importanti. Gli chiedevo “Ma come fai?” E lui: “Basta metterla dentro, no?” Un grande compagno, Williams ci ha dato tanto, stava in campo col sorriso sulle labbra, aveva la gioia di giocare: un vincente.
Quando ho saputo che stava male speravo potesse convivere con quel problema, invece è stato con noi troppo poco». Ora Hi Fly volerà davvero più in alto di tutti, volerà fra gli angeli e beati loro che se lo potranno godere. Ciao caro amico.