Il ritorno in paradiso Il cerchio si chiude dopo una rincorsa durata sette anni

Silvano Focarelli
Dov’eravate e cosa facevate il 30 settembre 2012? Treviso Basket se lo ricorda benissimo: stava ad Agordo per la sua prima partita in assoluto, campionato di Promozione: vittoria per 101-39, 19 punti per Vedovato e Lenticeo, a guidare un manipolo di ragazzi gentilmente concessi dalla Benetton Basket. Il presidente Vazzoler era in tribuna a gridare con i Fioi dea Sud “Vogliamo Treviso in serie A”, il giemme era Claudio Coldebella, il coach Goran Bjedov, oggi vice di Djordievic. Ed il 7 ottobre eravate o no tra i 1000 del Natatorio alla festa del debutto casalingo? Ve lo ricordate quel 65-61 contro il Quinto di Zanardo, D’Andrea e Giordano?
Ora Agordo e Quinto, Povegliano e Nervesa sono stati sostituiti da Milano e Venezia, da Bologna e Cantù. Ed la palestrina delle Piscine, dove 40 anni fa scoccò la scintilla che generò non il caos ma la pallacanestro trevigiana, dal Palaverde. La Treviso biancazzurra è tornata dov’era la Treviso biancoverde, era quello il suo destino, ineluttabilmente segnato fin dall’atto di nascita sotto la Loggia. Nel 2012 la città usciva da un trentennio gestito da un’unica persona, quel Gilberto Benetton che tutti dovremo sempre adeguatamente ricordare, da allora il percorso è stato scandito da una società fortificatasi per strada, ogni anno diventava più forte e robusta, acquisiva consapevolezza, al punto da lanciare sul piatto, appena due anni dopo il primo vagito, la scommessa più rischiosa: esporsi finanziariamente per comprarsi i diritti di Corato e quindi di un posto in A2 Silver.
Quante incognite c'erano: un Palaverde da affittare di volta in volta, una tifoseria che doveva fare anch’essa il salto di qualità, il cambio totale del modo di gestire la società. Come passare dai dilettanti ai professionisti: una dimensione sconosciuta. Il successo che ebbe l’operazione fin dalla prima stagione fece capire che con quella dirigenza, tutta trevigiana, nel tempo si poteva puntare al bersaglio grosso. Ma ci voleva pazienza, lavoro continuo ed anche, come sempre nella vita, un po’ di fortuna: TvB trovò tutte e tre. L’ultima componente però solo al quinto anno, quando la società fece piazza pulita o quasi del passato, Pillastrini compreso, al quale va eterna gratitudine.
L’investimento più importante fu nel manico: Max Menetti in A2 era un lusso che pochi potevano permettersi. Eppure l’inizio non fu felice, tutt’altro: il taglio di Maalik Wayns permise un po’ casualmente (indubbio però il fiuto di Gracis) di mettere le mani su David Logan. La squadra era comunque solida di suo, aveva avuto qualche alto e basso ma dopo aver superato la crisi era diventata chiaramente una delle favorite. Serviva però la ciliegina: quando annunciarono Logan tutta la A2 restò con la bocca aperta. Il “prof” è stato il completamento perfetto di un roster che già aveva cambiato capitan Antonutti con Severini: coach Menetti portò a casa la Coppa Italia e si presentò lanciato ai playoff, dove peraltro le difficoltà non mancarono (anche tre sconfitte).
Però tutta la città già avvertiva il dolce profumo della A: la finale con Capo d’Orlando è già storia, un piccolo scudetto: gara-3 vinta nell’inferno del PalaFantozzi resterà per sempre datata 17 giugno 2019. E questo è stato il secondo campionato vinto sul campo dopo quello primordiale in Promozione, adesso lo scudetto si chiama terzultimo posto. Forza ragazzi. —
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