«Il mondo del calcio vuole solo lavorare Non tutti sono CR7 Qui paghe normali»

Il montebellunese Attilio Tesser è l’allenatore del super-Pordenone «Se bisogna annullare la B si consideri l’andata: eravamo secondi» 

L’INTERVISTA

La quarantena può portare a rovistare in garage e fare ordine fra le memorabilia della carriera, riprendere in mano fotografie dei trascorsi da calciatore al Napoli e Udinese. Ma la fase-2 prende forma e non solo per il ritorno a Milano della figlia. C’è la voglia di riassaporare l’erba e provare a realizzare a Pordenone quel doppio salto riuscito già a Novara. Attilio Tesser, 61enne montebellunese trapiantato in Friuli, lancia un messaggio forte: «Spesso s’equivoca sul calcio. Vogliamo solo lavorare come tutti gli altri».

Tesser, dove ha passato il lockdown?

«A Pasian di Prato, vicino a Udine. Abito qui da tempo, anche se, per ragioni di lavoro, ci ho vissuto stabilmente solo gli ultimi due anni. Ed è stato strano rimanere così a lungo con la famiglia al completo. Con la moglie Nicoletta e mia figlia Carolina, 35 anni. Che è stata a lungo all’estero e ora fa la business controller per un’azienda a Milano: lo smart working l’ha riportata a casa, ma da questa settimana è di nuovo in Lombardia. Riunirci tutti è stato l’unico aspetto positivo di un momento vissuto con enorme dispiacere per quello che è successo. Immagini che mai avremmo voluto vedere. Un grazie grande così a medici e infermieri. Non dimenticando mai chi ha dato la vita per salvarne altre».

Come ha impegnato il tempo?

«Nel primo periodo, ho rivisto tante partite del Pordenone e studiato gli avversari. Poi, quando si è capito che la ripresa non sarebbe stata in tempi brevi, mi sono messo a fare un po’ di ordine a casa. Così, scartabellando, ho recuperato cimeli, maglie, foto. Per il resto, ho rivisto i vecchi match della Nazionale riproposti dalla Rai».

I ricordi più belli della carriera?

«La maglia azzurra dell’Under 21 e il debutto in A con il Napoli. Da allenatore, il doppio salto a Novara e le due promozioni con Cremonese e Pordenone. E, in entrambi i casi, la prima volta a San Siro».

La Lega di Serie B è disposta a giocare a estate inoltrata, pur di completare il campionato. Si riprenderà?

«La speranza è che si possa ricominciare. Anche se oggi, a domanda specifica, verrebbe da lanciare la monetina. E lasciatemi dire una cosa: spesso s’equivoca sul calcio, alludendo solo agli interessi che girano attorno. Ma i giocatori sono stanchi e, come per altre categorie, non vedono l’ora di tornare a fare il loro lavoro. Sarebbe più comodo rimanere sul divano, ma tutti amiamo la competizione. Viviamo di sport. E, ricordo, non tutti sono CR7. In C, c’è chi guadagna meno di un impiegato. Anche noi vorremmo sentirci partecipi della rinascita».

Ma la B riuscirebbe a sostenere rigidi protocolli sanitari?

«La B vale la Serie A. Un club pro’ della cadetteria deve essere in grado di rispettare certe direttive. E non sarebbe un problema giocare in agosto. Fatta salva la gestione dei calciatori, visto il calendario compresso e il rischio infortuni. L’unico dispiacere sarebbe vedere le partite senza tifosi».

Avete avuto in casa la positività al Covid del presidente Mauro Lovisa.

«L’abbiamo saputo alla fine del percorso. E ha trasmesso a tutti una grande grinta. Nel tornare a occuparsi subito dell’azienda e dell’amato pallone».

Come stava andando la stagione del Pordenone?

«Il 28 aprile ricorreva l’anno dalla storica promozione in B, centrata nell’anno del Centenario. Sull’onda lunga di quel risultato, contando su un gruppo forte e coeso, ne è scaturita una stagione bellissima. Alla salvezza, con 10 turni da disputare, mancherebbero due punti. Raggiungere i playoff (è quarto, a due punti dalla terza) sarebbe un gran risultato, salire in A con un doppio salto come a Novara vorrebbe dire tagliare un traguardo eccezionale».

E se il torneo fosse dichiarato concluso? Si cristallizza la classifica per decretare promozioni e retrocessioni?

«Non sarebbe giusto. A meno che non si consideri, per equità, l’ultimo turno dell’andata. Chiusa al secondo posto».

Un giudizio sulle venete della B: che ne pensa di Cittadella, Venezia e Chievo?

«Il Pordenone, fin dall’Eccellenza, ha fatto della programmazione il punto di forza. E l’esempio che deve seguire è il Cittadella. Squadra che riesce sempre a fare grandi cose senza grandi nomi. Non ha la rosa di un Benevento o Frosinone, ma c’è una chimica ambientale che fa la differenza. Pure quest’anno ha fatto benissimo. Il Chievo, forte dell’esperienza, è in zona playoff. Il Venezia ha sofferto un po’, ma conta su elementi come Lollo».

Scendendo in C: il Padova?

«In un playoff potrebbe dire la sua, ma s'è trovato in un girone dominato dal Vicenza».

Chiede notizie sul Treviso e Montebelluna?

«I risultati li leggo sempre e, da quelle parti, torno sempre volentieri, avendo due fratelli e tre sorelle. Spero, ad ogni modo, che il Treviso possa programmare la risalita in categorie più consone. Quanto al Monte, mi auguro la nuova proprietà sappia seguire la strada tracciata dal compianto Marzio Brombal». —

Mattia Toffoletto

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