Igor Cassina torna ad Atene, per la maratona: «Dopo aver vinto l’oro scese la nebbia»

PONZANO. Come festeggiare i 15 anni da un oro olimpico alla sbarra? Tornando sul luogo del delitto - Atene -, ma cimentandosi in una disciplina diversa. Il 10 novembre, Igor Cassina correrà la maratona della capitale greca con Stefano Baldini, che proprio ai Giochi 2004 si regalò la gioia più bella. «Sarà la mia seconda 42 km, dopo il debutto di due anni fa a Treviso in 3h59”: proverò a migliorarmi», rivela l’olimpionico, «Mi sono fatto questo regalo per la ricorrenza. Anche se, da Atene, ogni giorno è una festa». L’ex ginnasta brianzolo è stato adottato dalla Marca: qui ha trovato il manager (Andrea Vidotti), qui ha trovato l’amore (Valentina Nardin).
Cassina, la prima cosa che le viene in mente di quel 23 agosto 2004?
«Avevo realizzato il sogno cullato fin da bimbo. Da quando, a sei anni, ero entrato per la prima volta in palestra nella “mia” Meda».
Cos’altro ricorda di quei giorni?
«Tutto. Persino gli incontri curiosi. Il giorno della finale, ad esempio, incrocio al villaggio Michele Maffei, segretario generale Federscherma: “Goditi questo momento, lo ricorderai per tutta la vita”. Poche parole che mi tranquillizzano, mettendomi in una condizione mentale ottimale. Ma ancora più particolare è l’incontro della vigilia, alla sala giochi del villaggio: noto un’addetta alla logistica, è non vedente e ha con sé un pastore tedesco di una certa stazza. A me i cani piacciono, mi chiede quale sia il mio sport. “Se riesco, vengo a tifare al palazzetto”, il saluto. Beh, l’indomani ricevo un suo biglietto in cui si scusa per non esserci riuscita. Così, prima di prendere l’aereo, decido di tornare nello stesso posto in cui l’avevo conosciuta. La ritrovo, le faccio toccare la medaglia. Un momento che mi è rimasto nel cuore».
Come fu la finale?
«Molto particolare. Dopo l’esercizio di Alexei Nemov, si ha una lunga interruzione. Al russo viene pure modificato il punteggio. Protesta del pubblico, mai successo. Poi è la volta dell’americano Paul Hamm, che riesce a prenderne uno anche più alto. Altra confusione. Io sono l’ultimo alla sbarra, rifletto: “Peggio di così, non si può”. E, prima di salire in pedana, mi do coraggio: “Andrà tutto alla grande”».
E a titolo acquisito?
«La nebbia. Non mi pare vero di aver vinto. Sapevo di avere le carte in regola, i risultati degli anni precedenti mi facevano sognare in grande. E poi, avevo creato il “Movimento Cassina”. Che nessuno al mondo faceva».
Quando realizzò di essere diventato campione olimpico?
«Ci ho messo tantissimo. Anzi, forse lo sto ancora metabolizzando. Pure oggi mi suona strano che la gente mi fermi per strada, domandando una foto. Spesso mi guardano come un marziano, ma io mi considero una persona normale. Ho vissuto il mio percorso sportivo in modo spensierato. Tante rinunce, la palestra tutti i giorni. Ma la ginnastica è sempre stata la mia passione. E quando rivedo il video della finale, mi commuovo molto più oggi che allora. Come fosse il film della mia vita».
Al di là dell’oro di Atene, un altro risultato cui è molto legato?
«A 17 anni, vinco il titolo italiano assoluto. E lo faccio da junior… Quel giorno mi rendo conto che nella ginnastica avrei potuto fare qualcosa di buono. Ma citerei anche un’altra medaglia».
Prego.
«L’ultima mia a un Mondiale, che è pure l’ultimissima della carriera. È il 2009, porto a casa un bronzo. Che per me vale come un oro. Perché arriva dopo un periodo difficile, complice il quarto posto all’Olimpiade di Pechino che avrebbe potuto essere un bronzo. Mesi anche di paura, per colpa di un infortunio. Una medaglia che sapeva di rinascita. Mi ha insegnato che nella vita, per raggiungere grandi obiettivi, devi imparare a superare le difficoltà».
Come fu ideato il Movimento Cassina?
«Già a 13 anni, mi viene semplice un movimento che a solo due al mondo riesce. Così, anno dopo anno, cerco di allenare un esercizio che mi possa tornare utile per il futuro: è un doppio salto mortale con le gambe piegate. Il suo sviluppo sarà un Kovacs teso con avvitamento a 360° sull’asse longitudinale. Dopo otto anni di lavoro, lo porto al Mondiale 2001. La Federazione internazionale ne riconosce l’originalità e dal 2002 il Movimento Cassina fa l’ingresso ufficiale nel Codice dei punteggi».
Quando ha scoperto la Marca?
«Sei anni fa. Quando incontro Valentina, diventata poi la mia compagna: dal 2016, mi sono trasferito a Ponzano. La favola sboccia in Brianza: ci conosciamo per caso alla presentazione di un libro. S’intitola “Alata” e non c’entra nulla con la scherma: l’autrice è Grazia Brambilla, un’amica in comune. Per tre anni, faccio il pendolare, continuando ad allenare a Meda. Poi, però, s’impone una scelta di vita: la ginnastica non mi avrebbe garantito la libertà finanziaria, così metto in piedi un’attività che mira al benessere fisico e finanziario. Sapete come l’ho chiamata? Movimento Cassina».
Per amore ha lasciato il mestiere di allenatore: che spazio trova oggi la ginnastica nella sua vita?
«Continuo a fare il commentatore tecnico per Raisport. Spalla di Andrea Fusco che 15 anni fa aveva raccontato il mio oro. Quest’anno seguiremo assieme i Mondiali, nel 2020 i Giochi di Tokyo».
E oggi c’è un nuovo Cassina?
«Magari, ne riparliamo dopo i Mondiali... Dopo qualche anno di difficoltà, ci stiamo riprendendo: Marco Lodadio agli anelli è un bel biglietto da visita».
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