Dopo il triplo podio, Matteo mette le ali «Volare è gioia. Ora l’obiettivo è Parigi»
Simone Bianchi / SPINEA
Matteo Dei Rossi ha messo le ali. Lo schermidore paralimpico di Spinea ha coronato il suo grande sogno: diventare pilota di aereo, conseguendo il brevetto Ppl all’aeroporto di Thiene. È diventato così il secondo pilota italiano a questo livello con una disabilità. Il tutto in una stagione sportiva in cui si è tolto tantissime soddisfazioni a livello sportivo: dalle medaglie ai campionati italiani di Verona, salendo sul podio in tre armi differenti, ai Mondiali e alla recente tappa di Coppa del Mondo a Varsavia. Fuori dalle Paralimpiadi di Tokyo, ora Dei Rossi ha due grandi obiettivi: qualificarsi per Parigi, e diventare il primo pilota acrobatico italiano disabile.
Dopo un tortuoso percorso, finalmente il brevetto.
«Dopo nove anni che ci provo, finalmente ho superato tutti i passaggi necessari, anche a livello burocratico e medico, per raggiungere questo traguardo. A 16 anni ho fatto la prima visita medica a Milano, poi pian piano sono riuscito a costruire tutto il percorso, e ora tocco davvero il cielo con un dito».
Che effetto fa essere tra i pochissimi a riuscirci?
«Il primo è stato un collega di Verona, quindi è per ora tutta una questione veneta. In Italia ci sono altri piloti con disabilità, ma nel settore degli ultraleggeri. Il brevetto di pilota privato di aviazione generale (Ppl) prevede di poter volare con aerei di peso e potenza superiore, come Cessna o Piper, per fare un esempio, quindi un'altra categoria e prestazioni differenti. Le restrizioni sono diverse e anche determinate difficoltà nel volo».
Dove ha svolto gli esami? «Ho fatto tutto a Thiene, con Aeropubblicità, e istruttore Simone Maron. Mi ha seguito in tutti i passaggi, mi è stato vicino e fondamentale per riuscire in quella che posso davvero considerare una impresa. Mi sono diviso tra il lavoro alla Pometon di Maerne di Martellago, alle lezioni di volo a Thiene e alle gare e allenamenti di scherma tra Treviso e Scaltenigo di Mirano. Non è stato facile, ma ci sono riuscito».
Cosa significa volare?
«Volare mi dà gioia, libertà, la sensazione di non pensare a nulla, con la testa libera e tanta leggerezza in me. Allo stesso tempo devi essere consapevole che stai volando e hai tutto nelle tue mani con l’aereo. Quindi subentra una grande responsabilità e attenzione».
Una grande emozione.
«L’emozione è immensa. A partire dal volo per l’ottenimento del brevetto. Prima di fare l’esame ero agitatissimo, sapevo l’importanza che tutto questo aveva per me. Mi hanno fatto i complimenti tutti alla fine, un volo perfetto anche per l’ispettore dell’Enac che ha seguito il tutto per la certificazione».
In tutto questo ci sarà anche una grande consapevolezza nei suoi mezzi?
«Sono consapevole di aver fatto qualcosa di importante. Per me, certo, ma anche per chi può aspirare a un risultato simile. Un po’ alla volta sto realizzando cosa ho fatto. La cosa più bella è stato il primo volo da solo, libero nel cielo, incredibile, una gioia indescrivibile davvero».
E adesso che obiettivi si è posto?
«Diventare il primo pilota acrobatico italiano con una disabilità. A Caposile, vicino a Jesolo, sono operativi i WeFly, con due piloti disabili, ma loro volano in formazione. Io vorrei imparare a fare molto altro, e sogno di arrivare alle gare internazionali della Red Bull».
Volo e scherma, non certo due attività facili.
«Posso dire che la scherma è stato un completamento del volo, e sono contento di portare avanti con frutto entrambe. Il sogno di una vita che si è realizzato su due fronti».
Quale è il segreto?
«La pazienza è stata l'aspetto basilare per arrivare alla licenza di volo. Ho dovuto attendere quasi un anno solo per la visita medica tra autorizzazioni e Covid. Ci sono volute mille carte, autorizzazioni e passaggi burocratici, giusto così, ma ce l'ho fatta».
E con Aeropubblicità è nata pure una collaborazione di lavoro.
«Mi sono anche attivato come disegnatore con l'istruttore Maron, poiché lui lavora con i droni. La sua Technodrome fa rilievi aerei, e io ricostruisco le planimetrie partendo dalle immagini. Si è creata così una valida collaborazione. Del resto io sono un disegnatore tecnico».
Tre armi e tre medaglie ai campionati italiani paralimpici.
«Campione nella spada e argento in sciabola e fioretto a Verona. Vero, non è stato facile ma mi sto divertendo tantissimo. Vittorio Carrara mi è stato vicinissimo nell’apprendimento della sciabola negli ultimi due anni all'Officina della Scherma Mirano, così come alla Scherma Treviso ho trovato da anni un team fantastico che mi ha fatto crescere in fioretto e spada. Penso al maestro Flavio Puccini, a Francesca D’Alessandri, Davide Cenedese e Roberto Simeone. Loro hanno saputo tirare fuori il meglio da me».
E la scorsa settimana, quarto al suo primo Mondiale a squadre di sciabola a Varsavia.
«Bellissima esperienza, condivisa con Nicola D’Ambra dell’Officina. Ormai siamo come fratelli, facciamo di tutto assieme, ho trovato un grandissimo amico che mi ha aiutato tanto a crescere nella sciabola, potendoci allenare a Scaltenigo. Non ho idea di come io riesca a portare avanti tutte e tre le armi, ma mi diverto veramente e non mancano i risultati. Ci metto il cuore e tanta passione. Alla fine è quest'ultima che fa muovere tutto. Poi basta aggiungerci l'impegno e la serietà quando serve per andare avanti». —
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