Donati lancia l’allarme «Rischio anabolizzanti»

«Il doping c'è anche nel rugby. Sono stato avvicinato qui da diversi partecipanti che si sono accorti del rischio di diffusione di stimolanti e uso di anabolizzanti. Ma anche del ruolo non adeguato di taluni genitori: la famiglie sono decisive. Un fenomeno che sta arrivando: ma l'esperienza insegna che è meglio tenere gli occhi spalancati e non minimizzare».
Le parole di Sandro Donati, consulente Wada (Agenzia mondiale antidoping) e autore di importanti pubblicazioni sull'argomento, fra cui il recente libro “Lo sport del doping”, devono far riflettere e rappresentare molto più di un monito. Le pronuncia a margine del convegno “Per mantenere un rugby pulito, no doping”, promosso dal Comitato regionale veneto, presieduto da Marzi Innocenti, che è anche emdico. Con il patrocinio della Wada. Un convegno che ha avuto il merito di toccare per la prima volta un tema considerato spesso tabù nel rugby.
Gremita la sala parrocchiale di Silea: tre ore fitte fitte per porsi domande e alzare il livello di guardia. Donati, paladino della lotta al doping, lancia messaggi: «I bambini non hanno bisogno di creatina o aminoacidi. Non deprediamoli da piccoli della fiducia in loro stessi. E non riteniamo il nostro corpo insufficiente, ricorrendo ad antidepressivi o antidolorifici, aprendo così la strada allo sport medicalizzato».
Si parla dell'evoluzione del rugby, prendendo come evento-spartiacque il mondiale in Sudafrica del '95. Si discute poidi «sport collettivo di combattimento» e del passaggio «da disciplina di contatto a sport di collisione». Della necessità di atleti più grossi e l'annesso rischio anabolizzanti.
E poi di partite e minuti di gioco effettivo che aumentano. «Un cambiamento nel modello prestativo, la ricerca dello spettacolo e lo sport che diventa strumento televisivo. Mi sembra di rivivere ciò che accadde all'atletica 30 anni fa ai tempi di Nebiolo», osserva Donati, «Probabilmente il rugby è ancora in una fase di approccio al problema. Se il convegno l'avessimo dedicato all'atletica o al nuoto, la sala sarebbe rimasta semi-vuota».
L'attenzione va posta su anabolizzanti e ormone della crescita. Incalzato sui problemi cardiaci in giovane età o sulla crescita repentina di una corporatura: «Il cuore è un muscolo, come tutti i muscoli può ispessirsi. Moltissimi culturisti sono morti per arresto cardiaco. E un aumento subitaneo della massa non è possibile». Giancarlo Dondi, presidente onorario Fir, guida la commissione dell'International Board, che si occupa di doping: «I casi di positività sono in aumento, anche se il mio dato riguarda solo le competizioni internazionali di alto livello», rivela, ricordando la campagna “Keep rugby clean”, «Su 1542 controlli effettuati nel 2012 dall'Irb, 7942 il numero complessivo, abbiamo riscontrato 21 casi di doping, 7 per stimolanti e 5 per anabolizzanti. Nel 2013, siamo già oltre i 1800 test. Le verifiche sul sangue sono limitate: 203 lo scorso anno. Facciamo controlli mirati, cerchiamo soprattutto steroidi». Donati s'inserisce: «Sono percentuali basse. Alcuni elementi, vedi il Gh, l'antidoping non li trova. E gli atleti di alto livello sanno come sfuggire ai controlli».
Mattia Toffoletto
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