D’Agostino e il calcio: «Sono un Atleta di Cristo»

TREVISO. Qualcuno certamente si ricorderà di Gaetano D’Agostino, calciatore palermitano di 32 anni, noto a platee come Firenze, Udine, Roma, Siena, oltre a varie nazionali giovanili. Lo scorso agosto, ancora senza squadra, si allenò con il Treviso a Vascon dopo aver annunciato la volontà di aprire una scuola calcio anche da noi, oltre che a Firenze. Poi si accasò ad Andria ed ora è a Benevento, in testa al girone C di Lega Pro La lontananza da Treviso e l’impossibilità di seguire l’attività in prima persona però ha fatto cadere la possibilità di iniziare la scuola, che avrebbe dovuto trovare spazio a Lancenigo e che invece non si farà più. «Un vero peccato, ma non voglio prendere in giro nessuno: ad un certo punto volevo occuparmi dei bambini, che sono la parte più sana» rivela Gaetano dal pullman che lo riportava a Benevento dopo aver vinto ieri 2-1 a Castellamare di Stabia «poi però ha prevalso la voglia di continuare a giocare: grazie all’aiuto di Dio e di mia moglie nel calcio credo di poter dare ancora tanto». D’Agostino è personaggio del quale si potrebbe parlare per ore: persona profondamente mistica, appartiene agli Atleti di Cristo. E ha anche rischiato di giocare nella Juventus e poi nientemeno che nel Real Madrid. «Sì, specie nella Juve, non ho però ancora capito esattamente come andò, giocavo nell’Udinese e Pozzo non me l’ha mai spiegato (in cambio chiedeva Marchisio e Giovinco, ndr), non ero presente alla trattativa, so che alla fine a Torino arrivò Felipe Melo. Chiaro, il rimpianto è rimasto come a chi si vede sfuggire un sogno, quello di giocare nel club più importante al mondo. Dopo qualche anno comunque lo posso raccontare con una certa tranquillità».
Dalla Juve o Real al Benevento: eppure lei è felice così.
«Certo. Dopo il fallimento del Siena ho dovuto resettare tutto ed a Benevento mi sto togliendo altre soddisfazioni con sacrificio e mettendo a disposizione la mia esperienza per riassaporare un certo calcio in un bell’ambiente».
Com’è nata questa sua profonda religiosità?
«Sono negli Atleti di Cristo da 4 anni: semplicemente volevo scoprire l’amore di Dio, approfondire ciò che non avevo mai approfondito in vita mia. Volevo capire chi è Dio per noi, e con lui ogni giorno è una scoperta, per me lui è il vero papà. Leggo regolarmente la Bibbia, ma oltre a leggerla cerco anche di metterla in pratica nella vita, perché altrimenti non potrei trasmettere il messaggio di Dio al prossimo, che cerco di imparare giorno dopo giorno. La fede mi ha aperto gli occhi, è stato come passare dall'essere ragazzo a diventare uomo. Mi ha fatto capire il vero senso della vita e mi aiuta ad accettare le sfide che ci sono quotidianamente».
Negli Atleti di Cristo è in buona compagnia, assieme a colleghi come Hernanes, Felipe Anderson e Legrottaglie.
«Chi si avvicina a Dio è sempre in buona compagnia, ed anche chi non lo fa, per Dio mi insegna a non giudicare e ad amare il prossimo. Noi credenti non dobbiamo crearci un recinto attorno: Gesù girava, andava alle feste, frequentava i peccatori. E noi siamo tutti peccatori».
Tanti in campo si fanno il segno della croce o ringraziano qualcuno lassù, ma spesso pare semplice scaramanzia…
«Ripeto, io non giudico, io cerco solo di non idolatrare Dio. Con il Signore non sono sempre rose e fiori, con Lui c’è un cammino da fare e talvolta questo cammino è accidentato. Dio ci vuole mettere alla prova, come il papà con i figli: la fede esige delle prove. Ed il messaggio d’amore va diffuso sia nella buona che nella cattiva sorte. So che non è facile. Comunque grazie di avermi chiamato, saluto Treviso ed in bocca al lupo a tutti».
Silvano Focarelli
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