Benetton, esonerato Frank Vitucci "Mi sono sentito un condannato a morte"
"Il licenziamento? Un fulmine a ciel sereno, ma i segnali ci sono stati". Arriva a Treviso l'allenatore croato Repesa

Jasmin Repesa
Il giorno in cui la Benetton Basket l’ha «promosso» head coach, ad un sms di congratulazioni e di buona fortuna aveva risposto con un laconico «sperén bén». Con un pizzico di fatalismo e di ironia, e con molta umiltà. Oggi, in punta di piedi come è entrato, Frank Vitucci, dopo «sette anni di onorata appartenenza allo staff della Benetton Basket» se ne va. Dalla porta principale, ma sempre cacciato.
Un fulmine a ciel sereno? «Qualche tuono l’avevo sentito, e più di una volta. Più di una volta mio sono sentito dead man walking: dopo Cremona, dopo la partita di Varese in casa... dopo Belgrado. Più che altro avvertivo un senso di isolamento, ma si sa, l’allenatore spesso è solo. E qualche frase della dirigenza dopo la partita di Ferrara era poco incoraggiante. Però...».
Però cosa? «Però quando ieri mattina mi hanno detto di passare in Ghirada non ho certo pensato che sarei entrato da allenatore e uscito da disoccupato... “Ho una brutta notizia - mi ha detto Lefebre - Sei licenziato”. “Stai scherzando? - ho risposto... - dimmi la seconda...”. Purtroppo non ce n’era un’altra: la Benetton mi aveva appena licenziato».
Con quali motivazioni? «Mah, di preciso nulla... più che altro un dicktat avallato dalla proprietà».
Gilberto Benetton? «Beh, è lui il proprietario... so che domenica mattina era a vedere la Sisley ma non c’era al basket».
Anche l’anno scorso ha fatto così. «Sì, poi è tornato. Qualcuno mi ha detto che anche quest’anno non gli piaceva la squadra, soprattutto in difesa».
Che dire? «Mi sono fatto un’idea, loro aspettavano un tracollo che non è mai arrivato. A questo punto hanno forzato la situazione: mi aspettavo qualcosa di meglio. Certo, è stata un’esperienza che ho fatto volentieri, per certi aspetti devo anche ringraziare questa società: però non capisco perchè non mi hanno supportato un po’ di più. Ho sempre fatto il buon soldato ma alla fine sono stato poco ascoltato. Probabilmente ero più convinto io di altri in questo progetto di “energia verde”, ricordate? Beh, oltre che sbandierarlo al vento, questo progetto, bisogna anche digerirlo. E se si vuol comunque essere competitivi ad alto livello, se serve bisogna metter mano al portafoglio. E non farmi fare gli allenamenti con i ragazzi delle giovanili che nemmeno conoscevo. Con tutti gli infortuni che abbiamo avuto (Renzi, Gentile, Hukic) ho chiesto un sostituto e mi è stato risposto picche. Non parliamo del play, perchè è stato fatto un investimento su un ragazzino che, per quanto promettesse bene, era pur sempre un esordiente: e le aspettative per lui si sono rivelate un boomerang».
Cosa resta di buono? «Restano dei ragazzi che cresceranno e magari l’anno prossimo saranno giocatori fatti. Ovvio, mi spiace lasciarli proprio adesso, perchè loro - Hackett compreso - hanno le potenzialità di arrivare in alto. Gentile è stato il primo a chiamarmi: non ci credo, mi ha detto. Sono contento di averli aiutati, avrei voluto fare di più».
Che squadra lascia? «Una Benetton con più carattere che personalità. Manca un leader: chissà, magari adesso arriverà».
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